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ALESSIA SCOGNAMICLIO
Alla stessa fatta Ennio dovette fare de’ parlari del Lazio, che riteneva an
cor molto del barbaro: come certamente
DanteAlighieri, nel cominciarvisi a
mitigar la barbarie, andò raccogliendo la locuzione della sua Divina Comme
dia da tutti i dialetti d’Italia.
Onde come nella Grecia non provenne poeta
maggior d’Omero; così nell’Italia non nacque poeta più sublime di Dante:
perché ebbero entrambi la fortuna di sortire incomparabili ingegni nel fini
re l’età poetica d’entrambe le nazioni2.
L’idea - centrale e forte - di un’equivalente grandezza tanto di Ome
ro e di Dante, quanto dell’atto ‘creativo’ compiuto da entrambi rispetti
vamente sulla propria «favella», e dunque della concezione della lingua
omerica e di quella dantesca intese quali ‘raccolte’ di parole, locuzioni
ed espressioni, attinte nel primo caso da tutti i diversi dialetti della G re
cia, nel secondo da quelli dell’Italia - ovvero di una lingua interpretata,
in entrambi i casi, complessivamente come comune denominatore di va
rie parlate locali - Vico la mutua da Gravina e precisamente da un pas
so della
Ragion poetica
3:
2 G.
Vico, Princìpi di una scienza nuova intorno alla natura delle nazioni
[1725], in Id.,
Opere,
2 voli., a cura di A. Battisdni, Milano, 1990, voi. II, §§ 311-312, pp. 1131-1132; d’ora
in poi
Sn25
; corsivo nostro.
Reso tramite una breve proposizione ellittica il raffronto tra Omero e Dante è riscontra
bile già in un passo del
De constantia
: « [...]
Quia paupere lingua natus
[Homerus]
ex omni
bus Graeciae civitatibus poeticas locutiones collegit atque composuit
: unde factum ut omnibus
Graeciae dialectis loquatur,
eodem prorsusfato quo Dantes Aligerius, in summa italorum bar
barie,
sine ullo exemplo proposito, ex sese primum natus,
ex sese quoque poeta factus absolu
tissimus
» (Id.,
De constantia jurisprudentis
[1721], in Id.,
Opere giuridiche,
a cura di P. Cri
stofolini, Firenze, 1974,
pars posterior,
caput. XII, p. 471; d’ora in poi
De const.',
corsivo no
stro). Le stesse idee sono pure svolte, in maniera più distesa, nella famosa lettera a Gherardo
degli Angioli: «Egli nacque Dante in seno alla fiera, e feroce barbarie d’Italia, la quale non fu
maggiore, che da quattro secoli innanzi [...]. Nel quale stato ricorso delle fiere di Grecia d ’Or-
feo, dovendosi penuriare di una somma povertà di parlari, tra per la confusione delle lingue,
quante furono le nazioni, che dal settentrione eranvi scese ad innondarla, quasi ritornata in
Italia quella dalla gran torre di Babilonia, i latini da’ barbari, i barbari da’ latini non inten
dendosi; e per la vita selvaggia, e sola menata nella crudel meditazione d’innestinguibili odj,
che si lasciarono lunga età in retaggio a’ vegnenti; dovette tra gli Italiani ritornare la lingua
muta, che noi dimostrammo, delle prime nazioni gentili, con cui i loro autori, innanzi di tro
varsi le lingue articolate, dovettero spiegarsi a guisa di mutoli, per atti, o corpi aventino na
turali rapporti all’idee [...].
Percotalpovertà di volgarfavella Dante a spiegare la sua Comme
dia dovette raccogliere una lingua da tutti i popoli dell’halia, come, perché venuto in tempi so
miglianti, Omero aveva raccolta la sua da tutti quelli di Grecia
:
onde poi ogni uno ne' di luipoe
mi ravvisando i suoiparlari natj, tutte le città greche contesero, che Omerofosse suo cittadino
»
(Id.,
A Gherardo degli Angioli
[1726], in Id.,
Epistole con aggiunte le epistole dei suoi corri
spondenti,
a cura di M. Sanna, Napoli, 1993, pp. 123-124; d’ora in poi
Epist.;
corsivo nostro).
3 Cfr.
P.
CRISTOFOLINI,
Da Dante a Omero, da Gravina a Vico.
Il saggio è il testo della re
lazione presentata al Convegno di Studi su
Giambattista Vico e l’enciclopedia dei saperi
(Bari,
16-18 dicembre2004), nei cui Atti a cura di P. Guaragnella sarà pubblicato. Ringraziamo sen-