«AL CINQUECENTO DOTTI UOMINI SI DIEDERO A COLTIVARE LA TOSCANA FAVELLA..
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Il
trattato con molta probabilità non doveva essere del tutto estraneo
a Gravina, se questi, pur citando come fonte il più noto e di poco po­
steriore Castelvetro, non solo nella
Ragion poetica
ripropone l’intuizio­
ne di Valeriano del diretto accostamento del nome di Omero a quello di
Dante10, ma riproduce anche nel proprio testo, e con sorprendente fe­
deltà, il passaggio appena riportato. Si noti infatti come nel riferirsi a
Dante, Gravina riprenda dall’umanista l’efficace espressione metaforica
dell’abbraccio:
Dante [...] abbracciò tutte
Dante abbracciando la lingua
le lingue d’Italia, in che consiste
comunemente intesa ed usata
questo nostro idioma Italico
in iscritto per tutta l’Italia
DVL,
p. 301
DRP,
p. 280
Inoltre - rilievo ancora più interessante ai fini del nostro discorso -
il trattato di Valeriano era verosimilmente noto pure a Vico, in quanto
un esemplare di esso è presente nel Fondo Vallettiano della Biblioteca
dei Girolamini in Napoli11: in base al duplice presupposto che questi li­
bri erano conosciuti da Vico grazie al legame di amicizia che lo univa a
Giuseppe Vailetta, e che comunque dovettero passargli tutti per mano
quando nel 1726 ne curò la stima e l’acquisto da parte dei Padri Orato-
riani12, non è infatti improbabile che Valeriano sia stato, al pari di Ca­
stelvetro e di Gravina13, una delle
auctoritates
alle quali il filosofo napo­
letano deve aver guardato intorno al 1725 per quanto concerne il con-
NISOTTI,
Machiavellerie. Storia efortuna diMachiavelli,
Torino, 1980, p. 301 ; e cfr. pure
P. F
lo
-
RIAN1,
La questione della lingua e il Dialogo di P. Valeriano,
in «Giornale storico della lettera­
tura italiana» CLV, 1978, pp. 321-345).
10 «E siccome Omero tolse per massa di favellare le parole intese e praticate in comune
per tutta la Grecia, ed aggiunse a quella tanto voci ed espressioni raccolte da ciascun dialet­
to particolare di Grecia, tra i quali fe’ prevalere lo ionico, quanto vocaboli da lui inventati a
somiglianza delle cose, ed anche parole di lingua più antica da lui richiamate in luce, così Dan­
te abbracciando la lingua comunemente intesa ed usata in iscritto per tutta l’Italia, che vol­
gare appelliamo, accrebbe a quella parole e locuzioni trasportate da Lombardi, Romagnuoli
e Toscani, il di cui dialetto fe’ prevalere»
(DRP,
lib. II, 3, p. 280).
11 L’esemplare è segnato A. XXVI. 3. 2.
12 Cfr.
Antico catalogo della Biblioteca dei Padri dell’Oratorio di Napoli disposto per mate­
rie.
Anno 1726, ff. 181. Occorre avvertire che la numerazione dei fogli è imprecisa e irrego­
lare, e che presenta in molti casi numeri di fogli ripetuti; il Catalogo è segnato SM. XXVII. 1.
10. Nonostante il titolo di «Catalogo» e la fuorviarne attribuzione di esso all’intera Bibliote­
ca dei Girolamini, il manoscritto è in realtà l’inventario, per materie e per formato, del Fon­
do Vallettiano confluito nella preesistente Biblioteca Oratoriana.
13 Esemplari della
Correzione
di Castelvetro e della
Ragion poetica
di Gravina sono an-
ch’essi presenti nel Fondo Vallettiano con segnatura rispettivamente A. XXXIX. 6. 2. e A.
XXXI II. 6. 46.
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