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ALESSIA SCOGNAMIGUO
proposta da Vico tramite l’inversa prospettiva del difetto21, dell’oggetti-
vità di una condizione di preesistenza, per la genesi di ogni linguaggio,
di una ricchezza delle fonti d ’origine, ma ci si imbatte anche nel luogo -
caro alla tradizione latina e qualche anno dopo la pubblicazione del
Ce­
sano
ripreso pure da Castelvetro22 - della contesa sostenuta dalle città
greche per la presunzione di avere dato i natali all’autore dell’
Iliade
e del-
VOdissea23.
Non sembri superfluo, a questo punto, tanto ricordare come anche
Vico riproponga il motivo appena richiamato24, quanto riflettere sul fat­
to che probabilmente non sia più da considerarsi una semplice supposi­
zione quella di ritenere che il filosofo napoletano abbia potuto recupe­
rare, a prescindere dalle fonti classiche, oltre che da Castelvetro, pure da
Tolomei tale reminiscenza, visto che anche un esemplare del
Cesano
fi­
gura nel Fondo Vallettiano25.
Così nel concludere questa breve nota, non resta che domandarsi - e
non sembra che tale ipotesi sia da escludere - se tra quei «dotti uomini»
che durante il Cinquecento «si diedero a coltivare la toscana favella che
si era in Firenze parlata al Trecento»26, considerati da Vico quali proprie
fonti all’altezza del 1725 e rifiutati solo dopo pochi anni, non possano
essere ascritti, insieme a Castelvetro, pure Valeriano e Tolomei. E molto
probabile, infatti, che il filosofo napoletano, intorno al 1730, intendesse
rivolgersi polemicamente anche contro i due umanisti, includendoli in
quel novero di «dotti» contro i quali si adoperava per confutarne la tesi
secondo cui Dante - finalmente inteso quale «puro e largo fonte di bel­
21
De const., pars posterior,
caput. XII, p. 471;
Sn25,
§§ 311-312, pp. 1131-1132
\A Ghe­
rardo degli Angioli,
in
Epist.,
p. 124.
22 Cfr.
supra
nota 1.
23 «Conciò sia cosa, ch’altri
Volgare,
altri
Italiana,
altri
Cortigiana,
altri
Fiorentina,
altri
Toscana
la stimi. Ne meno chi per queste cinque parti si contrasti per guadagnarla, favorisce,
che facessero già quelle sette cittadi, che così fieramente combatterono per il divinissimo Ho­
mero, cercando ciascuna, per honorar sé stessa, & Paltre spogliarne, raccoglierlo nel grembo
suo»
(Il Cesano,
p. 69).
24 Sn25,
§ 311, p. 1131.
25 Cfr.
supra
nota 18.
26
G .
Vico,
Discoverta del vero Dante ovvero nuoviprincipi di critica dantesca. A proposi­
to del commento d’un anonimo alla 'Commedia’ (tra il 1728 e il 1730),
in Id.,
Opere,
a cura di
F. Nicolini, Milano-Napoli, 1953, p. 951. Lo scritto è comunemente noto come
Giudizio so­
pra Dante:
a tale proposito è opportuno precisare che il titolo - del tutto fuorviarne - non è
d’autore, ma dato dallo stesso Nicolini. Per quanto concerne invece la data Croce, seguito da
Nicolini, lo ascrive agli anni compresi tra il 1728 e il 1730, ma inequivocabili riferimenti e ri­
mandi testuali a
SniO
consentono di collocarne con certezza la stesura a dopo o contempo­
raneamente la seconda redazione della
Scienza nuova
(cfr. P.
CRISTOFOLINI,
Da Dante a Ome­
ro, da Gravina a Vico,
cit.; cfr.
supra
nota 3).
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