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AVVISATORE BIBI.IOGRAFICO
comprensione del mondo umano, dunque,
non può prescindere dalla conoscenza delle
«pratiche», «dei comuni costumi dei popoli e
dei fatti che caratterizzano la storia delle na
zioni».
Da qui il discorso si svolge seguendo il
duplice significato delle «pratiche» vichiane
della scienza nuova (da un lato storico-filo-
logico dall’altro etico-civile), per cui la filo
sofia pratica del filosofo napoletano viene
definita come il tentativo «di tenere insieme
la metafisica dei princìpi e l’etica civile della
prudenza» (p. 50), in quanto i princìpi che
l’uomo deriva da Dio resterebbero vuote for
me se non fossero commisurabili grazie alla
pratica della politica, della morale, della sto
ria. Da questo tratto formale e materiale che
caratterizza la prospettiva vichiana discen
dono una serie di caratteristiche rilevanti co
me, per esempio, il nesso filosofia-filologia e
il concetto di senso comune, entrambi, come
si è visto, dilucidati alla luce della definizio
ne del vero e del ritrovamento del certo. Pro
prio questi presupposti centrali della rifles
sione vichiana hanno consentito, secondo
l’A., la sua permanenza nel dibattito filosofi
co moderno, per cui la modernità di tale ri
flessione sta «nel consapevole tentativo di
dar vita a un concetto di razionalità in cui
possano convivere la razionalità metafisica
dei princìpi e la razionalità storica dei costu
mi umani e delle comunità civili» (p. 54), co
sì come ha reso possibile comprendere il ruo
lo preminente assunto dal linguaggio, im
portante non soltanto per il valore conosciti
vo ed espressivo della lingua, ma soprattutto
per la possibilità di un’ermeneutica delle for
me politiche ed istituzionali dell’esperienza
umana. Vico, dunque, deve essere anche
considerato il sovvertitore della gerarchia tra
le sfere del sapere umano: mito, poesia, lin
guaggio ecc., costituiscono il campo del pre
logico e del pre-riflessivo che è un momento
dell’evoluzione dell’umanità la quale, in
quello stadio, affida la sua significatività ai
prodotti della fantasia. La poesia, altro tema
assai caro all’A., è così da considerarsi una
«necessità naturate» che non sta ad un livel
lo inferiore rispetto alle verità logico-razio
nali ma è l’elemento caratterizzante di una in
tera fase dell’evoluzione storica e culturale
dell’umanità, e le facoltà dell’immaginazio
ne, della fantasia e dell’attività ingegnosa so
no da considerarsi alla base della stessa co
noscenza storica.
Questi sono alcuni dei motivi che mo
strano l’attualità del discorso vichiano in
un’epoca in cui l’insufficienza degli schemi
della conoscenza riflessiva e ddl’etica nor
mativa, la crisi e la trasformazione dei modelli
della razionalità, hanno dato vigore ai temi
dell’individualità, dell’ctica della comunica
zione e del riconoscimento, dell’autocom-
prensione dell’agire nelle forme estetiche e
creative del linguaggio, nella riformulazione
degli strumenti della conoscenza storica. Per
questo, secondo l’A., Vico ha assunto un ruo
lo in molti luoghi nevralgici della discussione
filosofica contemporanea, in particolare per
ciò che concerne la critica mossa agli «ecces
si del razionalismo», in quanto in Vico non vi
è mai una linearità processuale, ma una rico
nosciuta e aperta dialettica, senza risoluzione,
tra mito e ragione, fantasia e scienza, topica e
critica, che contrassegnano l’essenza costitu
tiva dell’uomo e della sua storia. «Vico ci ha
insegnato, e continua a insegnarci, che sol
tanto la ricerca consapevole deU’equilibrio
tra mondo poetico e mondo razionale, tra cri
ticità della scienza e potenza della fantasia,
può garantire l’umanità da ogni eccesso di
astratto illuminismo e di altrettanto astratto
contro-illuminismo» (p. 61).
[M. M.]
5.
CACCIATORE
Giuseppe,
Vico e Bruno,
in ID.,
Giordano Bruno e noi. Momenti della
sua fortuna fra '700 e '900,
Salerno, Marte,
2003, pp. 31-49.
Dopo aver avvertito che qualsiasi rela
zione fra Bruno e Vico si può ricostruire so
lo per «linee esterne ed alla luce di ampi e ge
nerali [...] quadri tematici» (p. 31), dal mo
mento che - pur non potendosi escludere
che le abbia lette trovandole magari nella
bottega del padre libraio o nella biblioteca di
Vailetta - il prudente filosofo napoletano
non cita mai le opere del nolano, all’indice a
qucll’epoca. Dopo aver altresì osservato, non