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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
scomparso prematuramente e al quale la Ri­
vista dedica questo numero.
17.
De
G
iovanni
Biagio,
lui filosofia e
l’Europa moderna,
Bologna, Il Mulino, 2004,
pp. 372.
Può essere un indice interessante della
presenza di Vico nell’odiemo dibattito filo­
sofico il ruolo che gli viene riconosciuto al­
l’interno di un libro di vasta ambizione, qua­
le è questo sforzo di pensare insieme l’idea e
la storia della filosofìa e dell’Europa degli ul­
timi secoli. Uno sguardo all’indice dei nomi
farebbe a prima vista concludere per un ruo­
lo marginale. E tuttavia, a ben vedere, i po­
chi diretti riferimenti a Vico ricorrono sem­
pre, talvolta anche nel modo più scoperto,
nei passaggi cruciali dell’argomentazione. Se
infatti gli snodi fondamentali del libro pos­
sono essere raccolti sotto l’indicazione delle
relazioni identitarie tra Europa e filosofia,
Europa e coscienza storica, Europa e tensio­
ne tra forza e ragione, il richiamo a Vico ac­
quista uno spessore del tutto particolare.
Certamente, nel complesso, l’argomentazio­
ne dell’A. ha tutt’altre ascendenze - è forte
il segno di un ripensamento dell’impianto
dialettico hegeliano - e tutt’altri riferimenti,
impegnata com’è, anche polemicamente, nel
confronto serrato col dibattito contempora­
neo. Ma rivelativa del ruolo di ispirazione ri­
conosciuto alla riflessione vichiana, a fronte
dei problemi del presente, è già la netta in­
dividuazione del significato storico della
«anomalia Vico» all’interno della matura­
zione della consapevolezza spirituale euro­
pea. «Vico, confrontandosi con i moderni,
da Cartesio a Hobbes a Spinoza, si misurò
proprio con la frattura intervenuta nell’ori­
gine, con l’impossibilità di adagiarsi in un or­
dine presupposto, il che poneva la mente
umana di fronte alla tragicità di un ordine
possibile, da costruirsi non attraverso il tra­
dizionalismo, ma nel fuoco della stessa esi­
stenza storica». In primo piano è allora la
questione vichiana
AeWautorità:
«perché se
non si dimostra che ‘auctoritas ex ratione
oritur’ e che la città dell’uomo è tenuta in­
sieme dal convergere in essa di ‘idee umane’,
l’abisso della catastrofe si apre come una
possibilità concreta della storia umana» (p.
174). Di qui la consapevolezza che il compi­
to di un pensiero impegnato nel rapporto tra
ordine e storia è ridisegnare i confini stessi
dell’idea di umanità, e quindi anzitutto «ri­
cercare
topicamente
i depositi che l’idea di
umanità ha lasciato dietro di sé, un’umanità
che nessuna idea presupposta garantiva» (p.
175), e insieme farsi carico di una filosofia
che sappia anche «farsi mitologica, per ren­
der possibile il rapporto tra la comune uma­
nità e i filosofi» (p. 173). Ecco allora che, a
fronte della questione dell’identità europea
dinanzi alle sfide del nuovo globalismo, la
stessa rivendicazione centrale del rapporto
tra filosofia ed Europa, tra pensiero logico e
forme concrete di esercizio della potenza (e
in esso dell’ambivalenza costitutiva dell’i­
dentità storica europea, tra la capacità del ri-
pensamento delle ragioni degli altri e la ca­
pacità di argomentare e realizzare egemoni­
camente le proprie) fa costante ricorso a Vi­
co: da un lato, appunto, al principio per cui
«auctoritas ex ratione oritur», là dove «la
ra­
tio
che le è interna è tale essendo ‘vera’ sen­
za pretendere cattiva assolutezza, anzi pu­
gnando con quell’assolutezza intollerante
che rende 1’
auctoritas
l’opposto della
ratio»
(p. 110); dall’altro lato, al pericolo sempre
incombente di «quella ‘ritornata barbarie’ di
cui parlava Vico concludendo il suo
opus
maius»,
rispetto alla quale il bisogno del tem­
po è per l’A. che il pensiero torni alla re­
sponsabilità di «avere una funzione costi­
tuente, non mero riflesso delle cose, ma nu­
cleo anticipatore di nuove determinazioni»
(p. 34). Non a caso, in questo richiamo al­
l’intrinseca politicità del filosofare - al nes­
so originario tra la
polis
e la forza costituen­
te della filosofia - proprio nelle pagine di
apertura «torna esemplarmente, come pro­
posizione comprensiva di un vero e proprio
orizzonte, quella di Vico, secondo cui ‘non
sarebbono stati filosofi se non fossero state
repubbliche’», tanto che «questa potrebbe
esser l’epigrafe incastonata sul frontone
d’ingresso dello spazio denominato ‘Euro­
pa’» (p. 16).
[L. P. C.]
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