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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
todo e articolare un nuovo concetto di scien
za, il filosofo napoletano ricorre perciò all’an
tropologia dell’umanesimo rinascimentale e
alle sue radici antiche, in quel concetto uni
versalistico della
humanitas
e dell’ideale del
retore di Cicerone e Quintiliano. Contro il
concetto di verità scientifica proprio del ra
zionalismo, Vico fa valere il carattere univer
sale pratico-politico della retorica, asserendo
che la dignità delle scienze e della filosofia de
ve provarsi nel contesto della realtà politico
pratica come un sapere d’orientamento a fa
vore di una società ‘veramente’ umana.
La teoria della scienza e della cultura vie
ne esposta nella
Scienza nuova
in modo
conforme alla critica della parzialità della ra
gione strumentale del progresso scientifico,
mettendo in luce le possibilità e gli intenti
della natura umana. Il concetto ciclico della
storia, e in particolare l’idea della «barbarie
della riflessione» prende in considerazione,
secondo l’A., la componente regressiva e il
potenziale distruttivo insiti nello sviluppo
culturale. A conclusione del suo saggio,
Esterschulte mette in rilievo la premessa teo
logica della
Scienza nuova,
il ruolo fonda-
mentale della provvidenza divina nella pro
spettiva antropologico-culturale e in quella
gnoseologica: l’impulso della provvidenza è
determinante per l’origine ‘naturale’ della re
ligiosità, mentre la credenza dei bestioni nel
le loro spaventose divinità costituisce la con
dizione indispensabile dello sviluppo cultu
rale come primo passo verso la civiltà (
Sn44
,
§ 178). Dalla dialettica tra provvidenza divi
na e libero arbitrio umano, si definisce il li
mite caratteristico del sapere storico dell’uo
mo, come un sapere unicamente
ex-post.
[S. W.]
21.
F
errone
Vincenzo,
La società giusta
edequa. Repubblicanesimo e dirittidell’uomo
in Gaetano Filangieri,
Roma-Bari, Laterza,
2003, pp. 368.
Nel capitolo V dedicato a «La scuola giu
snaturalistica napoletana e la fondazione dei
diritti dell’uomo», l’A. discute il rapporto tra
Filangieri e Vico. Partendo dall’osservazione
per cui Filangieri apparteneva ai quei rifor
matori illuministi che, pur utilizzando il pa
radigma giusnaturalistico, lo trasformavano
radicalmente ponendo la questione della de
finizione di «una nuova cittadinanza» in cui i
diritti dell’uomo «fossero in grado di fonder
si e comporsi naturalmente senza traumi e
senza conflitti con le ragioni della comunità
politica e sociale» (p. 113), Vico viene incon
trato, insieme a Gravina, per la critica al di
ritto naturale su basi razionalistiche così co
me era stata elaborata da Grozio e Pufendorf.
Nel filosofo napoletano, infatti, la centralità
assunta dal diritto romano e dal problema
della sua storicità, dalla Roma repubblicana e
imperiale, era mossa principalmente da «pre
cisi interessi di filosofìa connessi alla neces
sità di rielaborare sulla base di nuove fonda
menta epistemologiche quel diritto naturale
tornato al centro dell’interesse generale nella
seconda metà del Seicento» (p. 118). Per que
sto, proprio in polemica con Grozio e Pufen
dorf, Vico elaborava il proprio criterio del
ve
rum ipsum factum
, in base al quale «l’uomo
può avere
scienza
della storia perché la storia
è fatta dall'uomo»
(ivi).
Muovendo dalla ri
flessione intorno al nesso tra il diritto «ideale
ed eterno» e quello positivo delle nazioni, la
Scienza nuova
si era posta in contrasto con i
teorici del diritto naturale, con ogni tipo di
conoscenza basata solo sulle astrazioni logi
che, per insistere sull’idea che tutte le forme
di conoscenza devono essere considerate pro
dotti della storia e della mente, coincidenza
di «ceno» e «vero». Questa formulazione del
problema della storicità del diritto è stata poi
assunta nella tradizione del pensiero meri
dionale prima grazie ad Antonio Genovesi, e
poi soprattutto grazie a Pagano e Filangieri, i
quali avevano insistito sul progressivo e stori
co riconoscimento dei diritti dell’uomo da
parte delle nazioni e il «loro trasformarsi in
fonte di energia politica, strumento di eman
cipazione e orizzonte di lotta» (p. 122). Solo
che, secondo FA., queste tracce che influiro
no positivamente sugli uomini del tardo illu
minismo napoletano, furono ben presto can
cellate «da una tradizione politica italiana tut
ta tesa a criticare e a dimostrare con ogni mez
zo la fragilità teorica e filosofica del giusnatu
ralismo»
(ivi),
come dimostrerebbe la pole