AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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stinata ad alimentare i successivi interventi di
fine secolo che rapidamente la Negro giudi­
ca contrassegnati da «few, generic references
to Grotius» in Francesco Lomonaco, Pagano
e Cuoco (pp. 73-74), meritevoli, a mio giudi­
zio, di un’indagine più dettagliata, disposta
ad approfondire il senso di tematiche secen­
tesche ancora presenti nel dibattito teorico­
politico
(summa potestas
e
ius resistendi
, di­
ritto naturale-diritto positivo) e, perciò,
preoccupata di accertare la presenza non so­
lo del
nome
ma anche del
problema
Grozio.
[F. L.]
48.
NUZZO
Enrico,
Gli ‘eroiossimorici’di
Vico,
in
Eroi ed età eroicheattorno a Vico. At­
ti del Convegno internazionale di Studi (Fi-
sciano-Vatolla-Railo, 24-27 maggio 1999),
a
cura di E. Nuzzo, Roma, Edizioni di Storia e
Letteratura, 2004, pp. 189-216.
L’A. ravvisa nell’opera vichiana la pre­
senza di una certa ossimoricità concettuale
(«universale fantastico», «sapienza volgare»,
«giuste rapine»), nel cui alveo le relazioni lo­
giche fra i due termini si modificano in cor­
rispondenza delle varie fasi attraversate dal­
la speculazione del filosofo napoletano. Se,
infatti, nel «primo Vico» vige una logica di­
stintiva, quando non addirittura oppositiva
(«topica»-«critica», «ingegno» «ragione»,
«verisimile»-«vero»), nel Vico maturo -
quello del
Diritto universale,
ma già quello
che con forza nel
De antiquissima,
più timi­
damente in precedenza nel
De ratione,
aveva
affermato il nesso di reciprocità fra «verum»
e «factum» -, è invece all’opera una sintassi
«implicativa» fondata sull’inclusione del se­
condo concetto nel primo («verum»-«cer-
tum», «ratio»-«auctoritas»). Inclusione che,
valida sul piano sincronico nelle epoche più
sviluppate, viene smentita, su quello diacro­
nico, da una logica della «contrazione», in
virtù della quale il «momento più basso» -
«certum», «auctoritas» - domina come l’u­
nico possibile nelle differenti età che prece­
dono la ragione compiutamente dispiegata e
‘contrae’ perciò in sé quello «più alto» - «ve­
rum», «ratio» (cfr. pp. 193-195).
Una analoga ossimoricità l’A. la riscon­
tra anche nella teoria vichiana degli eroi, fi­
gure di uomini superiori che, senza nulla
concedere ad un certo autocompiacimento
individuale, sono tutti protesi a «soccorrere»
il genere umano per favorirne lo sviluppo
storico. Espressione di un eroismo non indi­
vidualistico, perché esteso alla comunità
umana (cfr. p. 205), «individui collettivi» -
ecco l’ossimoro -, non sono essi stessi a be­
neficiare di quelle loro imprese che, lungi
dall’essere autoreferenziali, sono invece indi­
rizzate a creare le condizioni per il benesse­
re civile di tutto un popolo. Quelli di Vico so­
no in sostanza, «eroi silenziosi e umili che si
fermano e procedono a bruciare le selve, a
dissodare e coltivare i campi, a costruire le
loro dimore, e poi le città» (p. 207); sono -
spiega ancora l’A. - «eroi dell’agire costante
e laborioso, non dell’azione, del gesto, del­
l’evento irripetibile»
(ivi).
Come tali, il loro
compito effettivo, magari nascosto sotto l’al-
tisonanza di un nome evocativo di un supe­
riore carattere fantastico - pensiamo ad Er­
cole, Cadmo, Orfeo -, consiste nel «trarsi
fuori dalla natura e continuare a distanziar­
sene, a contenerla e possederla» (p. 208), tra­
ghettando nel contempo iloro simili, che gra­
zie ad essi si sollevano dal mondo primitivo
della necessità naturale a quello più civile del
libero agire storico.
Eroi senza brama di gloria, protagonisti
eponimi di un eroismo anonimo privo di de­
rive narcisistiche, in essi non si celebra l’a­
zione grande, straordinaria, irripetibile, ma,
al contrario, lo sforzo quotidiano, ripetuto,
costante teso a «domar superbi e soccorrere
a’ pericolanti»
(Sn44,
§ 18, p. 209). Con que­
ste premesse si spiega come Vico presenti il
popolo romano - un intero popolo e non un
personaggio singolo - come esempio di quel­
l’eroismo collettivizzato capace, in epoche di
maggiore civiltà, di conculcare la prepoten­
za e proteggere i deboli non solo con l’eser­
cizio delle armi, ma anche con l’imperio del­
la legge.
Questo eroismo senza eroi si rivela tale
anche se guardato nel suo storico divenire,
che converge progressivamente verso la sua
«tendenziale scomparsa»: infatti all’«eroismo
della virtù», nella prima delleetà vichiane del­
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