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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
85.
V
eneziani
Marco,
Ingenium e ‘inge
gno’ nelle opere di Vico,
in
Ingenium propria
hominisnatura,
a cura di S. Gensini e A. Mar-
tone, Napoli, Liguori, 2002, pp. 295-325.
Nell’esaininare il significato dell’ingegno
in Vico, l’ A. ne ripercorre l’intera produzio
ne, osservando che con la
Scienza nuova
1730
il filosofo napoletano giunge al culmine di un
processo di «accumulo dei materiali», cui se
gue un progressivo sfoltimento che proba
bilmente attesta l'avvenuta dimostrazione di
alcune sue tesi centrali. Se nelle
Orazioni
inaugurali
l’ingegno è parte integrante delle
«prefigurazione di un’ampia facoltà conosci
tiva che nella circolarità dei suoi momenti co
stitutivi si sottrae a precise codificazioni» (p.
299), e Vico «non si preoccupa di adoperare
termini differenti per distinguere tra facoltà
e ‘operatio’»
(ivi),
nel
De ratione
viene intro
dotta «una distinzione netta tra la prassi edu
cativa che passa per i generi e le specie di Ari
stotele e l’altra che invece è condotta ‘per for
mas’» (p. 300); quest’ultima esercita forte
mente l’ingegno che, «educato alla geometria
può diventare una non meglio definita ra
gione ingegnosa» (p. 301). Veneziani ag
giunge tuttavia che «una relazione esplicita
fra topica e ingegno, che pure entrambi han
no palesemente a che fare con 1
'inventio,
nel
l’opera non viene mai istituita» (p. 302). Con
il
De antiquissima,
Vico «awierà un’aspra
polemica nell’intento di trovare nel collega
mento col corpo un antidoto sia all’ipertro
fia dell’intelletto sia a quella complementare
del senso» (p. 307), e sottolinea che «le no
stre facoltà naturali sono una capacità inna
ta di fare, cioè di tradurre in atto virtualità
anch’esse innate, da considerare come una
particella del ‘facere’ divino», e l’attenzione
del filosofo «si rivolge soprattutto alle arti-
colazioni della mente che presentano nel
massimo grado l’apertura alla varietà del cor
poreo: senso, memoria, fantasia» (pp. 309-
310). L’ingegno dunque, più che l’intelletto,
«distingue l’uomo in modo permanente e si
curo, perché è facoltà del molteplice, capace
di congiungere ‘dissita, diversa’ in base a un
nesso di somiglianza» (p. 310). Nell’econo
mia generale del
Liher metaphysicus,
«il ‘fa-
cere’ umano risulta dunque scandito nei due
momenti distinti dell’invenzione ingegnosa e
della successiva elaborazione intellettuale.
Non solo, [... 1si può sostenere che, lungi dal
limitare l’intelletto, l’inventare ingegnoso
fonda sempre nuove possibilità e prelude al
loro pieno sviluppo» (p. 313). Nel
Diritto
universale
«si ha l’impressione che l’ingegno
torni a parlare quasi esclusivamente con la
voce della natura», e «non sarebbe azzarda
to scorgere un operare ingegnoso dentro la
complessa dinamica della ‘vis veri’ » (pp.
316-317). Se la
Scienza nuova
1725 resta an
cora, così come il
Diritto universale,
impi
gliata in una serie di difficoltà, per cui tro
viamo insieme, senza adeguato amalgama,
«l’operare quasi fatale della provvidenza e
una mente umana che aspira al vero, ma non
vede bene i mezzi che ha a disposizione per
appropriarsene» (p. 319), a partire dalla
Scienza nuova
1730, Vico vuole fortemente
riannodare il filo tra ingegno e verità, utiliz
zando il
senso comune,
la cui trattazione «ri
prende aspetti che già abbiamo visto essere
legati all’ingegno». Si può anzi affermare, di
ce Veneziani, che «il senso comune è propo
sto come l’ambiente per elezione dell’opera-
re ingegnoso che accumula il certo» (p. 321).
L’A. conclude considerando che «il lavoro
fattivo dell’ingegno umano [...] non si limi
ta a promuovere la storia, ma di più crea le
occasioni e riesce perciò più impegnativo e
profondo, giacché nei modi del quotidiano ci
avvicina pur sempre all’eterno» (p. 325).
[A. S.J
86.
V
eneziani
Marco,
Sostanza e modi:
la logica poetica di Vico e la suafilosofia della
storia,
in
Metafisica logica. Filosofia della na
tura. I termini delle categorie aristoteliche dal
mondoantico all’etàmoderna,
a cura di E. Ca
none, Sarzana, Agorà, 2004, pp. 323-341.
Attento alle stratificazioni di significato
che nel corso del tempo si addensano nello
spettro semantico dei termini filosofici o da es
so fuoriescono, l’A. chiarisce che l’appellativo
di «zenonista», «oggi dimenticato, indicava
agli inizi del Settecento un difensore dell'indi-
visibilismo contro la teoria fisico-matematica