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PABRTZIO LOMONACO
venuto o sia ritornato su un esemplare a stampa (per noi il postillato H
59), già corretto e annotato prima delle
Correzioni terze.
4.
Alla storia di Roma e, in particolare, alla sua giurisprudenza si ri­
feriscono, nel postillato XIII H 59, due correzioni autografe, introdotte
nel margine laterale della pagina con relativo richiamo al rigo corri­
spondente, mentre in tutti gli esemplari a stampa sono riproposte diret­
tamente nel corpo del testo. E sono interventi correttivi, interni al libro
I, di non poco conto, perché relativi al complesso studio di Vico sull’e­
voluzione dell’antico diritto romano dopo il passaggio da Servio Tullio
alle XII Tavole, documenti di un originalissimo impegno teorico-storio-
grafico a ricreare la vicenda feudale, trasferendola nelle origini della sto­
ria umana. La prima variante trasforma l’anno di Roma «3666» in
«CCCXV I» con riferimento all’origine della legge
Publilia
sui plebisciti
e sulla loro equiparazione alle
leges,
al punto che con essa «si dichiarò la
Repubblica Romana mutata di stato,
e da
aristocratica
in
popolare».
Per­
ciò, poco esemplificativa diventa l’esperienza storica di Siila, ricordata
in un brano che risulta cancellato: « [ ...] E ’l
Dittatore
si eleggeva dal
Se­
nato:
per le quali ragioni essendo messa su
di nuovo
cotal
contesa
din­
torno alla forma dello stato popolare, per rassettarla, se ne criò
Ortensio
Dittatore,
che confermò la legge
Publilia
[.. .]»24. Il secondo interevento
correttivo si riferisce all’anno di Roma «3669», trasformato in
«CCCCX IX », e alla
Poetelia Papiria
che «contiene un altro
massimopun­
to
di Romane cose; poiché con quella si
rilasciò
al popolo la
ragion feu­
dale
d ’esser’i
plebei vassalli ligj
di
ciascun nobile
per cagion
di debiti
» 25.
Centrale è, quindi, 1’
exemplum
di Roma, il valore di verità storica del suo
ordinamento giuridico che riproduce la forma classica del rapporto feu­
dale e la sua
eternità
alla luce della resistenza nobiliare alle richieste di
«equità naturale»26. Quest’ultima segna la riflessione su «Tre spezie di
ragioni» e l’esame del corso delle nazioni con particolare attenzione al­
la storia del Senato romano dei tempi
eroici
della libertà, delle pratiche
della ragion di Stato e dell’equità civile: « [ ...] Perchè gli
Eroi
natural­
mente non conoscevano, eh
'Equità Civile,
come sopra si è detto: ma ora
24
lbid.,
p. 127.
25
lbid.,
p. 132.
26
De const.,
cap. XXXV, p. 704 e cap. XXXIV , pp. 696-697. «Soprattutto una cosa è de­
gna di nota a proposito di queste gare: [...] la successione ordinata con cui nacquero le esi­
genze della plebe. Dapprima l’esigenza di un diritto equo per non essere oppressi dalle in­
giurie dei patrizi come schiava degeneri. Poi i connubi, per creare da forti uomini forti; infine
i comandi, per acquistar fama con le cariche. Da ultimo, i sacerdozi, per accedere agli dei co­
me gli ottimi»
(ibid.,
p. 698).
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