OSSERVAZIONI SULLA NOZIONE DI ASPETTO
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le diverse lingue, Vico individua dunque una uniformità, un orizzonte
comune di cui quelli rappresentano appunto degli aspetti.
Il
termine si rivela dunque funzionale proprio al superamento delle an­
tinomie filosofiche classiche, anzitutto quella tra universalismo e relativi­
smo culturale (a cui talvolta è stata ricondotta la posizione vichiana34): es­
so dunque tiene insieme la varietà di prospettive attraverso cui una stessa
situazione può essere concepita dalle diverse nazioni, da diverse comunità
in diverse epoche (nel qual caso viene sempre utilizzato al plurale), e l’e­
lemento da tutte condiviso (ciò che permette appunto di parlare delle stes­
se cose, a cui i diversi aspetti si riferiscono). In questa accezione universa­
le gli aspetti coincidono con i sensi comuni che le nazioni condividono,
pur concependoli in forme differenti (appunto secondo diversi aspetti).
Tale oscillazione semantica rivela dunque la propria costitutiva necessità
teorica e viene affidata alla strutturazione semantica complessa e alla po­
larità enantiosemica già emersa nell’analisi del termine «aspetto».
In questo senso si può parlare dell’aspetto di Giove, come comune a
tutti i popoli, così come dell’Èrcole della mitologia greca, che è «un ca­
rattere eroico di fondatori di popoli
per l’aspetto delle fatiche
» 35 e dun­
que considerato da una prospettiva a cui le mitologie di altri popoli pos­
sono sostituire altri aspetti, sempre però all’interno di quelle utilità e ne­
cessità comuni che corrispondono in questo caso all’azione che pone le
condizioni per la vita civile di una nazione. L’aspetto interviene qui nel­
la costituzione di una forma di simbolizzazione originaria: forgiare un
carattere poetico, un geroglifico vuol dire, per Vico, selezionare un aspet­
to e riportare poi ad esso tutti i tratti comuni identificati per analogia con
tale aspetto in tutte le esperienze successive. Una volta creato il caratte­
re poetico esso viene riferito a più fenomeni di uno stesso ambito (ad
esempio Giove, Cibele o Nettuno, rispettivamente per il cielo, la terra o
il mare) che diventano dei modelli, degli «esempi»: «Così Giove, Cibe­
le o Berecintia, Nettunno, per cagione d’esempli intesero e, dapprima
mutoli additando, spiegarono esser esse sostanze del cielo, della terra,
del mare»36. Si può dire quindi che non ci si riferisce qui solo al singolo
individuo37, ma al tempo stesso alla categoria semantica generale che vie­
ne forgiata attraverso quel particolare atto di comprensione. Nell’esem-
34 Si veda ad esempio l’interpretazione classica di
I. B
erlin
,
Vico e Herder. Due studi sul­
la storia delle idee,
tr. it. Roma, 1978.
35
Sn44,
§ 81, corsivo mio.
36 Ivi, § 402.
37 S.
VELOTTI,
Sapienti e bestioni. Saggio sull'ignoranza, il sapere e la poesia in Giambatti­
sta Vico,
Parma, 1995, p. 112.
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