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IL NUOVO MONDO NELLA
SCIENZA NUOVA.
TRA STORIA SACRA E PROFANA
La profonda valenza simbolica e l’innegabile impatto psicologico che
la scoperta del Nuovo Mondo esercitò sulle menti e sulle coscienze de­
gli europei del secolo XVI doveva lasciare una traccia indelebile nella
cultura e nella storia umana. L’aprirsi di inesplorati orizzonti geografici,
insieme al contatto con mondi e civiltà sconosciuti stimolò nuovi spazi
di dialogo, e offrì originali spunti di riflessione sulla stessa essenza del­
l’uomo. La vivace polemica tra i sostenitori della naturale malvagità de­
gli amerindi e i loro più strenui difensori, la controversia ideologica tra
i teorici dello stato di natura - inteso come
bellum omnium contra om­
nes -
e i sostenitori del mito del buon selvaggio alimentarono, divisero e
accesero le migliori menti europee per un lungo arco di tempo1.
Indubbiamente Giambattista Vico non rimase indifferente alle que­
stioni suscitate dalla scoperta delPAmerica. A distanza di più di due se­
coli, infatti, il filosofo del
verum ipsumfactum
inserì le suggestioni pro­
mosse dalla scoperta del Nuovo Mondo entro le tante riflessioni della
Scienza nuova
, tanto che i luoghi e i passi dell’opera in cui egli analizza
le civiltà precolombiane, pur non essendo numerosi, rivestono un im­
portante ruolo di conferma delle sue più originali tesi. La cruenta reli­
giosità delle popolazioni precolombiane è, infatti, per Vico una prima
forma di sviluppo civile; del resto la repentina evoluzione che il Nuovo
Mondo subì in seguito all’ingresso dei conquistatori ha modificato il nor­
male corso delle nazioni, facendo compiere alla storia americana un sal-
1
Un’accurata ricostruzione antologica della letteratura europea sul Nuovo Mondo è of­
ferta dallo studio di
G . GUOZZJ,
lui scoperta dei selvaggi,
Milano, 1971. Gliozzi dopo avere
analizzato le principali immagini negative dell’indigeno americano offerte, tra gli altri, da Or-
tiz, Sepulveda e Oviedo, e dopo avere evidenziato le più rare figure positive presenti in Las
Casas, Léry, Montchrètien e Lescarbot, illustra, in una sintesi panoramica, la prospettiva fi­
losofica sulla concezione dei ‘selvaggi’. Partendo dall’originale posizione espressa da Mon­
taigne nel saggio
Des cannibales,
Gliozzi giunge a quella formulata da Diderot nei
Framentes
échappés du portefeuille d’un philosophe,
per poi analizzare la prospettiva offerta da Rousseau
- il maggiore artefice del «mito del buon selvaggio» - nel
Discours sur l’origine et les fonde-
ments de l’inégalité parmi les hommes.
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