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GIOVANNI ANTONIO LOCANTO
che nei tempi primitivi è necessaria: la virtù della forza, della disciplina, del­
la cupa e intransigente religiosità10.
Una simile aspra virtù costituisce le fondamenta della civilissima Eu­
ropa. La condanna ed il disprezzo che gli europei mostrano nei confronti
dei popoli amerindi è il risultato della rimozione del proprio cruento pas­
sato. I fenici, i cartaginesi e, più propriamente, i greci e i romani ebbero
i loro primi costumi caratterizzati da una medesima originaria barbarie:
E
co’ fenici e cartaginesi in tal costume empiamente pio convennero
i
gre­
ci col voto e sacrifizio che fece Agamennone della sua figliola Ifigenia. Lo che
non dee recar maraviglia a chiunque rifletta sulla ciclopica paterna potestà de’
primi padri del gentilesimo, la quale fu praticata dagli più dotti delle nazioni,
quali furono i greci, e dagli più saggi, quali sono stati i romani, i quali entrambi,
fin dentro i tempi della loro più colta umanità, ebbero l’arbitrio di uccidere
i
loro figlioli bambini di fresco nati. La qual riflessione dee scemarci l’orrore
che ’n questa nostra mansuetudine ci si è fatto finor sentire di Bruto, che de­
capita due suoi figliuoli ch’avevano congiurato di riporre nel regno romano il
tiranno Tarquinio, e di Manlio detto ‘l’imperioso’, che mozza la testa al suo
generoso figliuolo ch’aveva combattuto e vinto contro il suo ordine11.
Il riferimento di Vico al sacrificio di Ifigenia - descritto da Euripide
e reso famoso da Lucrezio nel
De rerum natura -
testimonia l’uso dei sa­
crifici umani anche presso il più sapiente popolo dell’antichità. Il tragi­
co gesto di Agamennone, incomprensibile alla sensibilità moderna, co­
stituisce un atto conforme alla religione dei tempi divini ed eroici. Del
resto, già nella prima redazione della
Scienza nuova -
quella del 1725 -
Vico aveva descritto il sacrificio di Ifigenia paragonandolo a quello del­
la biblica figlia di Iefte, e distinguendolo profondamente da quello di
Isacco12. Tuttavia i più suggestivi sacrifici della storia ebraica vengono
10 B.
CROCE,
Lafilosofia diC . B. Vico
, Roma-Bari,
19222,
p.
174.
11Sn44,
§
517, pp. 652-653.
12 «Ma il regno di questi padri, insieme col sacerdozio, andò in fatti di séguito alla loro
sapienza volgare [...], si esiggevano col consecrare i rei agli dii (il quale antichissimo costume
fu intiero intiero portato nella legge delle XII Tavole al capo
Del parricidio
), anche fossero i
figliuoli innocenti, ma fatti rei o dovuti per voto, come fu quello di Agamennone fatto della
infelice Ifigenia. Ma il vero Iddio, nel fatto del sacrificio di Abramo del di lui figliuolo Isac­
co, dichiarò espressamente esso non dilettarsi punto di vittime umane innocenti. Del voto di
Iefte tutti i Padri confessano esser ancor nascosto il misterio nell’abisso della prowedenza di­
vina. Basta, per le differenze che in quest’opera si pruovano degli ebrei e delle genti, che non
Iefte ma Abramo fu il fondatore del popolo di Dio» (G. Vico,
Princìpi di una scienza nuova
intorno alla natura delle nazioni
[1725],
in Id.,
Opere,
cit., voi. II, §
132,
pp.
1047-1048;
d’o­
ra in poi
Sn25).
1...,114,115,116,117,118,119,120,121,122,123 125,126,127,128,129,130,131,132,133,134,...272