RECENSIONI
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interessanti le riflessioni sulle posizioni di Graciàn, da Moisés Gonzàlez Garda
(El ideal del bérne moderno en Baltasar Graciàn: del optimismo al desencanto,
pp. 49-69) a Yves Charles Zarka
(Vico et la mutation de l’héro'isme. Force etfra-
gilité du héros,
pp. 97-108) che lo assume quale teorico della «figure esthétique
du héros», distinta da quella «politique» del Machiavelli e «historique» di Vico
(pp. 99 sgg.). Da quest’ultimo i contrassegni delle precedenti teorie sono tra­
sferiti su un nuovo piano teorico, riferiti a soggetti collettivi, in accordo alla
fi­
losofia
della
Scienza nuova
che respinge la frantumazione singolaristica, «une ré-
duction de l’héroi'sme à la pure facticité de l’histoire» dal momento che la sto­
ria stessa è concepita, nell’edizione del 1744, come «l’ceuvre et la preuve de la
providence» (p. 107).
Ma il nome e l’opera di Graciàn ritornano in un altro contesto argomentati­
vo, direttamente impegnato a identificare nell’opera di Paolo Mattia Doria i pro­
blemi e i temi «attorno a Vico» per i quali non risulta trascorsa invano «la stagio­
ne della revisione dello statuto teorico della politica» (p. 169). Questo giudizio è
contenuto in una delle dense pagine del saggio di Silvio Suppa
(I tempi e leforme
della morale eroica: Vico e Doria,
pp. 165-185), convinto che l’opera del pensato­
re spagnolo sia utile a capire la disposizione al «dominio della ragione» e alla «ca­
pacità di razionale infingimento, viatico al disorientamento dell’awersario»; una
disposizione strategica propria di Doria che con Vico condivide una figura del­
l’eroe sottratta alle semplificazioni letterario-didascaliche (p. 169). A queste l’in­
terprete oppone l’accezione decisamente civile con cui viene impostata la que­
stione del
l’eroico
nei due filosofi sia pure tra marcate differenze di tono storico e
filosofico (p. 165). Anche l’altra complicata e comune matrice, quella machiavel­
liana, conosce in entrambi una radicale trasformazione, implicando la significati­
va sottrazione di
naturalismo
alla
politica.
E quanto possono documentare in Vi­
co le pagine del
De mente heroica
che Suppa ampiamente utilizza, sottolineando
in esse l’incontro di azione, ragione e politica, coerente con un’impostazione di
discorso prudente e critica, per impedire una semplicistica«equazione» tra espres­
sione «pubblica» della mente eroica e la teoria della cosiddetta «cattiva ragion di
Stato». Aproporsi è, invece, un nuovo orizzonte concettuale che ripensa alle for­
me di una prudenza moderna dai contenuti di forte significato etico e metafisico,
indispensabili in Vico e Doria per accedere alla comprensione del «piano della
qualità civile del mutamento» (p. 176). Questa considerazione - che Suppa svi­
luppa acutamente nei dettagliati «referenti» interni alla
Scienza nuova
del 1744 (p.
181) - pone al centro della sua ricostruzione la complessa questione dei rapporti
tra religione, politica e «forza giusta» (p. 183). Ancora, quindi, tracce di Machia­
velli e di machiavellismo che nelle pieghe del volume coinvolgono temi e valori
della cultura napoletana di Sei-Settecento, attivi nella reazione al «pirronismo sto­
rico» e alla sistematica distruzione (libertina) della stessa nozione di eroe, ogget­
to di acuta attenzione nelle pagine di Lorenzo Bianchi dedicate a
II tema dell’eroe
nei libertinifrancesi tra Naudé e laMothe Le Vayer
(pp. 71-96).
Ambito non meno denso della ricerca è stato, naturalmente, quello perti­
nente a Vico e orientato ad affrontare la questione della «concettualizzazione
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