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RECENSIONI
dell’eroismo», più «strettamente ‘ossimorica’», com’è mostrato assai bene nel
saggio di Enrico Nuzzo
(Gli 'eroi ossimorici’ di Vico,
pp. 189-216, cfr. p. 189).
Esso apre opportunamente la sezione seconda della raccolta, proponendo l’ap­
profondimento dei motivi di crisi dei caratteri tradizionali dell’eroe moderno,
identificati nel valore della «magnanimità» che tende a privilegiare il profilo del
protagonista-individuo, la sua stessa attività per «amor proprio» e mirabili ge­
sta straordinarie, causa di «gloria» immortale (p. 199). Vico rompe con tale mo­
dello celebrativo, recuperandone, però, gli esiti in un’impostazione moderna
(Nicole) di tradizione agostiniano-giansenistica che consente di tesaurizzare il
sotterraneo lavoro della Provvidenza in soccorso dell’umanità nella storia (pp.
204-205). Tale impostazione implica il sostegno teorico a concetti e a valori che
contrastano con ogni prospettiva di impegno individuale e testimoniano il ca­
rattere «comunitario» dell’agire «costante e laborioso» degli eroi «silenziosi e
umili» (p. 207). Si introduce, altresì, un importante profilo della questione in
esame che coinvolge la struttura del
De mente heroica
con complicati richiami
ai «tempi umani» nei quali, invece, il carattere «collettivo» si attenua fortemen­
te fino a identificarsi con i tempi normalizzati dell’eroismo «quotidianizzato» e
della sua tendenziale scomparsa (pp. 210, 213). Una condizione di vita, questa,
non priva di contraddizioni, di un’«eccedente volontà eroica» che si afferma nel­
la forma di un ricorso a una «collera generosa», a una «naturale» produzione
spontanea di eroismo, come documentano le pagine acutamente analizzate del-
VOrazione
in morte di Angela Cimmino e
dell’Autobiografia
(p. 215). Oggetto
di attenta e documentata riflessione nel saggio di Josep Martìnez Bisbai
(El «De
mente heroica»: entre la gloria justa y el «ritiro al tavolino»,
pp. 245-270), tale
complicazione è invito a riconoscere che il recupero vichiano dell’eroismo rela­
tivo al gran tema del «domar le terre» avviene per l’intelligenza della
vis veri,
at­
tiva nell’uomo anche dopo la caduta, per coltivare il carattere divino del pen­
siero nei modi tutti umani - osserva Bisbai - del «saber de las cosas humanas
[...] proseguendo los estudios con las doctrinas moral y civil y con la teologìa
moral» (p. 258). La «complicada relación de Vico con la fama» (p. 262) pone
domande e problemi in ordine alla possibilità che nell’età degli uomini, senza
«eroismo naturale», si affermi - a giudizio di Nuzzo - una «universalistica di­
mensione ‘eroica’» della
mens
umana in quanto divina (p. 215). Eppure, il divi­
no non risiede nella
natura
«secondo una visione pagana che Vico assolutamen­
te contrasta [...] anche in ciò pensatore [...] assai cristiano, pur se [...] rischio­
samente eterodosso» (p. 208). Questa tesi può essere considerata centrale nel
confronto critico con altri interventi, a partire da quello di Paolo Cristofolini cir­
ca la questione dell’inclusione del modo d’essere degli
eroi
nell’orizzonte della
saggezza (Sono saggi gli eroi di Vico?,
pp. 217-225, già noto ai lettori del recente
volume su
Vico pagano e barbaro
del 2001, discusso da Fulvio Tessitore in que­
sto «Bollettino» XXXIII, 2003, pp. 191-197). L’esito della ricognizione è la re­
lazione asimmetrica tra i termini del tema indagato con richiami ai motivi del
«timor Dei» e della relativa «pietas» (p. 223) di matrice ciceroniano-agostinia-
na, densa di stimolanti considerazioni circa il bisogno in Vico di giungere al «ve-
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