RECENSIONI
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ro eroe come fatto collettivo» (p. 224). Il che, nella ricostruzione di Cristofoli-
ni, si spiega con l’introduzione di una tesi interpretativa centrale, preoccupata
di documentare l’ispirazione pagana dell’attenzione vichiana alla religione. Es­
sa è il punto nodale anche della lettura che Bruno Pinchard («
Auspicia et Sacra»:
enquète sur la ‘religion des auspices’selon Vico,
pp. 227-243) dà dei contrassegni
della storia delle origini secondo quel «regard vers le ciel» che giustifica la divi­
nazione e la solennità dei sacrifici, la genesi fisica degli atti religiosi e quella dei
«cosmos poétiques» (p. 233). La ‘logica’del paganesimo diventa l’ausilio profi­
cuo per accostarsi alla «totalità du phénomène humain» (p. 227) alla quale la­
vora un’antropologia dell’arcaico che è una «sémiologie héroique», introdotta
dall’apparizione della catastrofe, della «foudre» che «ouvre ainsi l’esprit de
l’homme» (p. 233). Il che spiega, nella trama del discorso approfondito, il si­
gnificato della religione «profondément juridique et politiques des Romains»,
della decifrazione dei ‘segni’ celesti negli
auspicia
(p. 235), fondati da Romolo
nell’azione dei sacrifici collegati all’«humain Numa» (p. 236).
A intendere la qualità del rapporto che lega Vico alla storia di Roma inter­
viene Giuliano Crifò
(I romani «eroi del mondo» e la «giurisprudenza eroica».
Alcune considerazioni,
pp. 307-317), preoccupato giustamente di sottolineare
l’importanza del diritto come paradigma centrale della filosofia vichiana. Pren­
dendo spunto da una nota sintesi interpretativa di Cristofolini (
Vico et l’histoi-
re
del 1995), l’A. esamina i caratteri del «diritto eroico» e il «parlare per carat­
teri poetici delle prime nazioni» (p. 314), testimoniate dalla storia romana. Lo
confermano le pagine del
De uno
dedicate ai costumi delle
gentes maiores
e
mi­
nores,
per quel nesso profondo di religione e diritto, per quell «insistenza lin­
guistica sulla conservazione» (p. 316), attestato dal fatto che nella
Scienza nuo­
va
del 1744 «la più antica dimostrazione è data dalla giurisprudenza che, eroi­
ca, solo i Romani da un lato seppero conservare e custodire, da un altro lato sep­
pero tradurre» (p. 315).
Ampia documentazione erudita al tema della collocazione storica dell’età
eroica offre l’accurato studio di Gustavo Costa
(Eroismoprimitivo oeroismo «pa-
storecchio galante»? Il dilemma di Vico alla luce dei documenti del S. Uffizio,
pp.
109-122). Mostrando analiticamente l’esteso quadro di suggestioni ermeneuti­
che offerto dalla voce
Heroes
del
Lexicon universale
di Hoffmann, l’A. sottoli­
nea la novità delle tesi della
Scienza nuova
(1730 e 1744) che provano la fuoriu­
scita dallo schema esiodeo delle quattro età del mondo e l’abbandono dell’anti­
ca collocazione degli eroi nella fase intermedia (tra l’età del bronzo e quella del
ferro). Suggerita da Erodoto (non citato da Hofmann) è la nuova identità del­
l’età eroica quale «saldatura [...] di uno schema storico triadico» (p. 116). Co­
sì da elegante ma vaga «leggenda classica» (platonica), rinvigorita in sede arca­
dica (p. 117), la concezione dell’eroismo già nella
Scienza nuova
del 1725 oltre­
passa, sotto l’influenza di Le Clerc, i limiti della storia pagana e investe diretta-
mente l’esperienza sacra del popolo eletto, inconciliabile con «l’idea di una lin­
gua divina muta, da cui sarebbe sviluppata in seguito la lingua eroica articolata»
(p. 119). Qui si appuntano le ragioni della reazione dell’inquisizione che Costa
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