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RECENSIONI
documenta in efficace dettaglio, analizzando le censure di Giovanni Rossi e For
tunato Tamburini (pp. 119-120), nonché il senso di quel primato di matrice li
bertina della «sensazione», fonte del ritorno alle origini e alla poesia primitiva
(p. 121). Il tema è ripreso nel saggio di Pierre Girard
(Linguaggiopoetico ederoi
co nel pensiero politico di Vico: la questione della poesia,
pp. 319-335) che rifor
mula la questione (già centrale nei saggi di Cristofolini e Nuzzo) dell’eroismo
nei tempi della «ragione spiegata». L’interprete l’affronta a suo modo, convinto
che nel pensiero di Vico la poesia non conduca allo sviluppo di un’«estetica au
tonoma» né all’elaborazione di nuovi canoni, ma alla scoperta di un vero e pro
prio «strumento diagnostico e politico di analisi del corso delle nazioni» (p. 319).
Lo attestano i commenti e le analisi che l’A., in efficace sintesi, dedica alla «vi
sione» diacronica proposta nella
Scienza nuova
del 1725 (p. 326), distinta dalla
«prospettiva sincronica» (p. 325) sviluppata negli scritti «pedagogici», dalla
Vi
ta
al
De mente heroica
, passando per le
Orazioni inaugurali
e la lettera a Ghe
rardo Degli Angioli (pp. 329, 331).
Dall’accurata ricostruzione storica emerge un’altra definizione dei campi
possibili di indagine, al fine di mettere a confronto differenti prospettive e me
todologie della ricerca. E il caso delle strategie di studio tese a incrociare i mo
tivi linguistici dell’analisi con ricerche sul profilo iconografico della rappresen
tazione vichiana dell’eroico che, in alternativa ai tradizionali modelli del lin
guaggio politico-filosofico, può anche utilmente contribuire a significativi ap
profondimenti di tesi pertinenti allo statuto conoscitivo della storia. Il tema è
affrontato da Patrizia Castelli
(«Collo dritto, muso franco». Corollari d’intorno
all’immagine dell’eroe al tempo di Vico,
pp. 123-153) che ha analizzato la ricca
letteratura attinente al campo filosofico-epistemologico e a quello figurativo,
partendo dall’erudizione di Francesco Bianchini e dalla fortuna della sua
Isto
ria universale
del 1697, di grande fascino per Vico, quando propone «un para
metro che collega, secondo procedimenti antichi, le
fabulae
alle
historiae
» (p.
132). Alla tradizionale «falsificazione» dell’eroe primitivo e alla sua trasforma
zione in uomo saggio del tempo umano Vico apre, secondo l’A., «nuove vie»
con un’operazione di «sfrondamento della fisionomica dell’eroe, a cui, in mo
do limitato, conferisce un legame con la teoria delle passioni» (p. 133). Atte
nendosi in apparenza a un modello «naturalistico» di caratterizzazione, egli non
si arresta alla descrizione del solo aspetto fisico, secondo il modello omerico
(ibid.),
ma offre contributi originali a una configurazione etico-psicologica, ti
pica della «materia» eroica che, dominando le passioni, raggiunge la
medietas
tra l’uomo e il divino, molto concedendo al tema della «proporzione» che è l’i
deale della «bellezza» (p. 134) proprio della fisionomica sei-settecentesca (da
Valeriano a Bacone, da Panvinio a Bartoli e a Piranesi, pp. 131 sgg). Non solo,
il filosofo della
Scienza nuova
segnala anche l’awenuta messa in crisi della mil
lenaria tradizione fondata su tale ideale cui si oppone quella figura di «eroe con
tadino», nata da una «personale interpretazione» di motivi arcadici (p. 142),
dalla rivendicazione di una potente
immaginazione,
giuntagli direttamente o in
direttamente dalla cultura umanistico-rinascimentale (Pomponazzi, Bruno e