RECENSIONI
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ti, eppure non priva di penetranti suggerimenti critici che la Donzelli opportu­
namente riferisce al Vico filosofo della storia dell’uomo e teorico dell’«eroismo
dello spirito» in opposizione al perdurante cartesianesimo tra Settecento e Ot­
tocento. Un’interpretazione, questa, che consente all’autore del vichiano
Di-
scours sur l’unité de la science
(1825) di conciliare la propria concezione ro­
mantica della storia con il «suo sentirsi figlio della Rivoluzione ed erede dell’il­
luminismo», capace, soprattutto, di identificare in grandi
figure
come la Fran­
cia, il Popolo e l’Umanità le forze che si definiscono incessantemente nella e per
la storia (p. 390).
L’Illuminismo e le sue eredità «dialettiche» in Adorno e Horkheimer, auto­
ri del noto apologo di Ulisse, simbolo della «nascita della scissione sociale» (p.
395), sono il punto di avvio dell’originale studio di Augusto Placanica (
Ulisse:
un eroe vichiano tra Sofocle e Adorno,
pp. 395-406) che del protagonista del-
YOdissea, universalefantastico
ed «eroe della sapienza» ricostruisce, in elegan­
te ed efficace sintesi, la tradizione interpretativa classica e moderna, da Sofocle
a Vico. Per questi Ulisse non è solo l’eroe della conoscenza e del pensiero, la
personificazione del contrasto tra «la ragione e la nuda natura» (p. 397), ma l’e­
splicita identificazione
deU’essere
dell’uomo con
Yazione
in vista del
potere.
Il
filosofo tiene conto non tanto della narrazione omerica in sé ma della percezio­
ne postomerica dell’eroe della scissione. In proposito l’interprete cita ed esa­
mina i luoghi della
Scienza nuova
del 1725 dedicati al «Principio della giuri­
sprudenza rigida degli antichi» e al tema «Dell’inarrivabile facultà poetica eroi­
ca d’Omero». Qui l’irreprensibile ipocrisia dell’Ulisse «civile» si coniuga con il
suo «agire ingannatore»» e rinvia, nello stesso tempo, amotivi fondamentali del­
la critica della società contemporanea (p. 399), discussi dall’interprete, evocan­
do l’originale voce di Musil e del suo «uomo senza qualità»
(ihid.)
cui corri­
spondono le ragioni della radicale crisi dell’eroico e della sua concettualizza­
zione, la proliferazione di vecchie e nuove «retoriche» nelle varie forme di co­
municazione linguistica, tipiche delle società comunicative di massa del Nove­
cento.
La questione del linguaggio e la ricostruzione dei motivi teorici dominanti
la filosofia tedesca contemporanea interessa le pagine di Stephan Otto
(La de­
costruzione della «ragione eroica» nella filosofia classica tedesca: Vico, Kant, Fi­
che, Hegel,
pp. 365-379), più decisamente orientate
attorno
e
oltre
Vico. Con­
statata la caduta di interesse teorico per la questione dell’eroico nella congiun­
tura «accademico-filosofica» contemporanea, l’A. riconosce che nel «cammino
dell’attuale critica della ragione» il problema della «nascosta razionalità» del
mi­
to
incontra l’idea dell’eroico e il suo appello alla ragione, proprio della rifles­
sione filosofica (p. 365). Da qui per Otto - come, a suo modo, per Placanica -
la centralità dei caratteri di ‘scissione’ interni alla lingua eroica nella sua posi­
zione intermedia tra la parola poetica e quella articolata fino all’incremento del­
l’astratta comprensione razionale (p. 374). In tale
«medietà eroica»
a emergere
è il ruolo centrale assegnato dal
De ratione
all’
inventio
che, a giudizio di Otto,
mette in rilievo il valore della nuova sintesi tra la definizione
topica
della molte-
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