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RECENSIONI
Così se è evidente che la questione dell’individuazione delle fonti vichiane
- faccenda infinita e fin troppo complessa - non può essere semplicisticamen­
te ridotta all’individuazione e alla verifica dei libri disponibili o meno a Napoli
ai tempi di Vico, è ben chiaro che questo repertorio sul mito di Romana Bassi
costituisce, anche grazie all’accorta metodologia entro cui esso si costruisce, un
sicuro e ben più che utile strumento scientifico per le ricerche di quanti vor­
ranno indagare le fonti utilizzate da Vico per lo studio del mito.
A
lessia
S
cognamigi
.
io
G
iuseppe
P
atella
,
Giambattista Vico. Tra Barocco e Postmoderno,
Milano,
Mimesis, 2005, pp. 148.
Il volume raccoglie saggi redatti in momenti diversi che ruotano per lo più
intorno al tema, già frequentato dall’A., dell’ ‘estetica’ vichiana, da intendersi
nel senso ampio di uno spazio concettuale attribuito alla corporeità e al senso,
spazio in cui per Vico, appunto, nasce e germoglia la poesia.
L
'Introduzione
e il primo capitolo [«Vico con(tro) Croce», pp. 15-29] fanno
i conti con la lettura crociana di Vico e particolarmente con la crociana attri­
buzione al Vico della ‘scoperta’dell’estetica, perfettamente inserita nel quadro
che vede il pensatore napoletano come anticipatore. Forse qui e nelle pagine
successive è troppo insistita la necessità di allontanarsi da tali posizioni pur man­
tenendone, con altro segno, alcune indicazioni; la maggior parte degli studi vi­
chiani, almeno degli ultimi vent’anni, compresi quelli dell’A., pur nei più di­
sparati orientamenti, può dirsi infatti costruita su un riesame sereno ed un se­
reno distacco da quella lettura comunque essenziale. Quella che viene qui rac­
colta è l’indicazione vichiana di un’altra lettura del campo dell’estetica rispetto
alla tradizione dominante almeno da Kant in poi; vale a dire «l’affermazione di
una piena legittimità del fantastico e del poetico come dimensione filosofica­
mente fondata ed indipendente» (p. 29). Di questa indicazione si declinano, nel
corso dei capitoli successivi, i molteplici aspetti fecondi, anche e soprattutto per
la riflessione a noi contemporanea.
Innanzitutto va rilevato quanto il concetto stesso di poesia elaborato da Vi­
co fin dalle opere giovanili si allontani, in piena consapevolezza, da codici for­
mulati nel pensiero antico e fondamentalmente rimasti immutati all’alba della
modernità. L’«impossibile credibile» della
Poetica
aristotelica, pur accolto, vie­
ne dal Vico trasformato sulla scia della trasformazione del nesso tra storia e poe­
sia. Il sapere poetico è sapere delle origini, la cui «verosimiglianza» non si col­
loca ad un livello secondario rispetto al vero del sapere storico, ma allude piut­
tosto ad un vero ideale. In tale generale ripensamento lo stesso concetto di imi­
tazione viene trasfigurato. Pur ripetendo Vico dalle prime opere fino alla ma­
turità della
Scienza nuova
l’assunto aristotelico per cui «l’arte è imitazione», ne
espunge radicalmente il risvolto passivo, invece estremizzato nella trattatistica
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