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FABRIZIO LOMONACO
storico-archivistiche di Raffaele Ajello sui mutati assetti ideologici negli
anni (1725-1726) dell’opposizione anti-curialistica a Vico e in quelli del­
la divisione-frattura tra il gruppo di Riccardi e Giannone - sensibile al­
le sollecitazioni della moderna cultura dei Lumi - e la cerchia di Doria,
Vico e Capasso, fedeli a una matrice «metafisico-platonica», giudicata
dall’interprete irriducibile al moderno cartesianesimo matematico e an­
timetafisico, incline a tendenze più o meno «libertine»44.
Il riconoscimento delle indimenticabili benemerenze della
Bibliogra­
fia vichiana
di Croce e Nicolini sollecitava lo studioso Piovani, fin dagli
esordi attratto dall’universo culturale di Rosmini e Galluppi, di Manzo­
ni e De Sanctis, a non occultare un convinto dissenso critico circa i la­
cunosi e inaccettabili «giudizi sui critici ottocenteschi», procurati dal­
l ’orientamento teorico-storiografico di quella bibliografia. Storicamen­
te comprese e, quindi, superate le «passioni risorgimentali» tra neo-guel-
fi e neo-ghibellini, abbandonate le esasperazioni dell’ultima generazio­
ne post-risorgimentale, dilaniata dai rinnovati attacchi neo-scolastici agli
orientamenti immanentistici del neoidealismo, si trattava di avviare un
vero e proprio «riesame rinnovato, integrale» della critica letteraria e fi­
losofica dedicata a Vico nell’Ottocento; un riesame da condurre siste­
maticamente in ogni momento e autore particolare, massimo e minore,
libero dalle esasperazioni che erano rimaste «ristrette alla loro generosa
limitazione nazionale pur quando cercavano, per esempio con B. Spa­
venta, di universalizzare tale avvertito limite»45. E in questo giudizio la
rinnovata, convinta scelta critica di impostare e favorire, nel «Bolletti­
no» e, in generale, nel «nuovo corso» degli studi, quel programma cul­
turale che prevedeva - a giudizio di Valerio Verrà - «una nuova com­
prensione del posto e della funzione della filosofia italiana nella filoso­
fia europea, [...] un rigoroso ripensamento dello schema interpretativo
stesso della filosofia europea come unità e come totalità, e della ‘filoso­
fia della storia’ che esso presuppone»46. Alla fine degli anni Settanta, lon­
tano dagli schemi tradizionali della storiografia filosofica neoidealistica,
LASSO,
Parabola d el giurisdizionalismo napoletano,
ivi, VI (1976), pp. 165-181. Di quest’ulti­
mo si veda anche la recensione a P.
GlANNONE,
Opere,
a cura di S. Bertelli e
G .
Ricuperati,
Milano-Napoli, 1971, ivi, IV (1974), pp. 189-195.
44R.
A
je l l o
,
Vico e Riccardi nella crisi politica d el 1726,
ivi, IH (1973), pp. 82-131. Su Do­
ria si veda Id., recensione a
Massime d el governo spagnolo a Napoli,
a cura di V. Conti, Napo­
li, 1973, ivi, IV (1974), pp. 196-202; D.
LACHTERMAN,
Vico, Doria e la geom etria sintetica,
ivi,
X (1980), pp. 10-35.
45 P. PIOVANI,
Presenza di Vico e terzo centenario vichiano
[1966], poi in
FNV,
pp. 350-
351; Id.,
Per gli studi vichiani,
cit., p. 393.
46
Valerio Verrà a Pietro Piovani,
Trieste, 12 dicembre 1967, ora in Archivio della «Fon­
dazione Pietro Piovani per gli Studi Vichiani», cartella «Vico 1968», c. 1.
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