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RECENSIONI
lo Pisacane si avvicinarono a Vico grazie alla mediazione degli intellettuali ri­
voluzionari fuggiti a Milano da Napoli dopo i fatti del 1799. Al centro del pen­
siero di Ferrari, che fu interprete ed editore di Vico, c’è senza dubbio il pro­
blema della formazione della cultura nazionale italiana, dunque la necessità di
coniugare la rivolta politica con la liberazione dai lacci della metafisica e della
ideologia. Cattaneo dedicò a Vico un saggio del 1839, nato come recensione
all’edizione che Ferrari apprestò dei testi vichiani, dove già emergevano spun­
ti - ad esempio Vico inserito nel quadro di una ‘filosofia deH’awenire’ per la
sua capacità di sapere «antevedere», o la centralità della questione antropolo­
gica, l’«ideologia sociale» - che poi confluiranno in altri testi, in particolare
nella
Psicologia delle menti associate.
In Pisacane temi vichiani si legano a quel­
li di Genovesi, e dunque la critica all’astratto razionalismo si coniuga con il te­
ma dell’azione e della concretezza, in nome di una «filosofia tutta di cose».
Il
‘paradosso’ della ‘filosofia della storia’, secondo la più consueta chiave di
lettura del Vico ottocentesco, applicato alla
Scienza nuova
ha avuto l’effetto di
celare le sue novità. L’opera vichiana intendeva infatti porsi come un rinnova­
mento e un’alternativa al rigido e incatenato procedimento della scienza mo­
derna ma non per questo ha rinunciato al suo saldo ideale di scientificità. E la
natura problematica dell’‘oggetto’ di questa scienza e la definizione di ‘nuova’
ad avere inscenato la polifonia di interpretazioni sopra ricordate e che sembra
privare lo scritto vichiano di una univoca chiave di lettura. Risulta pertanto ana­
cronistico ma attuale al contempo il tentativo di interrogarsi sulla natura, i mo­
di e i fini della scienza vichiana. Sulla scia di questa esigenza si muove l’inter­
vento di Pierre Girard (
Science et sagessepoétique: le conflit des interprétations,
pp. 125-139), mediando tra la prospettiva teoretica e quella interpretativa. Tra
Vico e i suoi critici esiste uno scarto che difficilmente potrà essere colmato da
una storia ‘universale’ della critica; semmai meritano di essere sondati i luoghi
in cui il divario si origina, e che riguardano criteri esterni ed interni: secondo
Girard i primi hanno di mira l’analisi del
corpus
vichiano, il secondo le tre edi­
zioni della
Scienza nuova.
Certamente all’origine di quello che l’A. definisce il
«conflitto delle interpretazioni» si collocano i testi vichiani non sempre conso­
nanti con le intenzioni della
Scienza.
Ma le contraddizioni e la evidente etero­
geneità delle opere si riflette sulla determinazione della stessa scienza, mai sta­
tica e nata invece dal confluire di diverse prospettive intorno ad un presuppo­
sto centrale. Se del resto era la
Scienza
l’opera che Vico sperava fosse destinata
a sopravvivergli, risulta ineludibile questo augurio testamentario. Da esso va svi­
luppato il proposito di fare della ‘scienza’ la questione centrale alla quale va ri­
mandato ogni altro particolare problema di ordine linguistico, storico o meta­
fisico. Ciascuna delle definizioni offerte da Vico della scienza contiene il riferi­
mento al mondo delle umane cose, che costituisce senz’altro una novità ma rap­
presenta al tempo stesso l’elemento che vizia le pretese di scientificità. La ‘con­
fusione’ tra filosofia e filologia, «groviglio tra distinti livelli retorici» (p. 129)
non si risolve, come pure è stato tentato, nello stabilire la preminenza dell’uno
sull’altro. Quello che sembra un limite inconsapevole della scienza di Vico è in
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