RECENSIONI
209
realtà una sfida che il pensatore assume in piena coscienza: la contraddizione
della
Scienza
non è priva dell’impulso verso una «sintesi possibile»
(ibid.)
che
l’A. intravede nell’analogia tra il testo vichiano e un «cuore pulsante» (p. 137),
dove l’organo per antonomasia della vita fa della ‘scienza’ un movimento ine­
sausto di dilatazioni e contrazioni, almeno finché essa è vivente, desta cioè nel­
l’interesse di chi la pratica. Inerente ad alcuni problemi sollevati da Girard, in
particolare l’indagine relativa alla continuità del
corpus
vichiano, si pone l’in­
tervento di Paul Olivier
(Du
Diritto universale
à la
Scienza nuova:
continuitéou
rupture?,
pp. 65-80). Senza entrare nel dettaglio del suo contributo che passa in
rassegna gli elementi di rottura e continuità tra il
Diritto universale
e la
Scienza
nuova,
è da segnalare che il contesto in cui si discute di tali questioni è quello
religioso. Mentre nel
Diritto universale
prende forma una «metafisica dell’ordi­
ne» (p. 67) in accordo con il cristianesimo, coi suoi princìpi pratici e speculati­
vi, l’insoddisfazione espressa nell
'Autobiografia
porta a ritenere che la distanza
posta da Vico tra le due opere abbia come oggetto l’elemento religioso, ormai
dimostratosi insufficiente a livello metodologico. Il vero avanzamento rispetto
al primo scritto è la progressiva «coscienza della storicità di ogni conoscenza»
(p. 74) e dunque la scoperta dell’origine ‘sensibile’ e ‘temporale’ della medesi­
ma metafisica.
Vico ha avuto chiara consapevolezza che il modello geometrico-matematico
di scienza sia inapplicabile al mondo umano e storico: il pericolo è la ricaduta
negli eccessi da lui definiti «barbarie della riflessione» e «boria de’dotti», vale a
dire all’arresto della ragione dinanzi ai suoi limiti o alla cieca fede nel progresso
scientifico e intellettuale non confortato dai fatti. E altresì indiscutibile che non
ricorrere ad «un metodo geometrico equivarrebbe per Vico a utilizzare princìpi
fondati esclusivamente sulla sensibilità» (p. 25). Il saggio di Manuela Sanna
(La
métaphysique comme questione de méthode,
pp. 21-31) intende mostrare diffe­
renti concezioni ed usi della metafisica in Vico, affinché emerga un’idea ‘critica’
di metafisica come «procedimento metodologico» (p. 21), non disgiunta quindi
da un
mosgeometricus
che «permette di utilizzare in un medesimo processo astra­
zione e senso, intelletto e ingegno» (p. 25) e dunque di «trovare nella metafisica
la virtù delle cose fisiche» (p. 26). Il ricorso alla geometria
(«l’abito
del
ragionar
geometricamente
») non esclude la meraviglia, la ‘fantasia’, giacchémolte delle di­
mostrazioni geometriche, le ‘conchiusioni’, sono meravigliose, inimmaginabili,
stimolano dunque la rappresentazione fantastica, le cui premesse sono salde per­
ché «s’attennero alla pura
ragione astratta».
All’individuazione di un «immagi­
nario naturalistico» è dedicato il contributo di Enrico Nuzzo (
Critères etfigures
de la science de l’histoire chez Vico,
pp. 285-307), che investiga un interessante
settore degli studi vichiani, ispirandosi, in una prospettiva ‘metaforologica’, ad
un ‘immaginario’ del pensiero e del linguaggio, non esplicitamente tematizzato
da Vico, almeno non completamente, ma capace di alimentare spontaneamente
le sue riflessioni. Un chiarimento preliminare necessita l’aggettivo ‘naturale’, dal
momento che esso contraddice, più che confermare, la tesi di una persistenza
dell’elemento naturalistico in Vico. Rimane allora da indagare in che modo vada
1...,199,200,201,202,203,204,205,206,207,208 210,211,212,213,214,215,216,217,218,219,...272