RECENSIONI
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fa il punto sulle tendenze interpretative più aggiornate relative al pensiero del
filosofo napoletano. Gli studi presi in esame sono rispettivamente quelli di An
drea Battistini (
Vico tra antichi e moderni,
Bologna, 2004), Paolo Cristofolini
(
Vico pagano e barbaro,
Pisa, 2001), Marcel Danesi (
Lingua, metafora, concetto.
Vico e la linguistica cognitiva,
Modugno, 2001), Donato Mansueto e Giuseppe
Cascione
(Potere visibile e ordine costitutivo - Categorie efigure della sovranità,
Bari, 2003), Giuseppe Mazzotta
(La nuova mappa del mondo. Lafilosofia poeti
ca di Giambattista Vico,
Torino, 1999), József Nagy (
Vico - eszmetòrténet mint
korlàtlan szemiózis
[
Vico - storia delle idee come semiosi illimitata
], Budapest,
2003) e Manuela Sanna
(La fantasia, che è l’occhio dell’ingegno’. La questione
della verità e della sua rappresentazione in Vico,
Napoli, 2001).
Al lettore italiano risulteranno, di certo, più interessanti i contributi degli
studiosi ungheresi, dei quali, pertanto, si è deciso di offrire un più dettagliato
resoconto.
Nel suo saggio introduttivo [
Vico kòrei
(« l‘cerchi’di Vico»), pp. 413-453],
Kelemen, proponendo di tratteggiare le varie possibilità interpretative del pen
siero del filosofo napoletano, ritiene particolarmente importante presentare
una sintesi del contesto storico entro il quale l’opera di Vico è inserita. Da que
sto punto di vista - secondo l’A. - è opportuno stabilire le due coordinate sto
riche entro le quali inscrivere la vicenda del Viceregno napoletano, ovvero il
1746, anno della rivolta contro il Sant’Uffizio che pose fine all’egemonia del-
l’Inquisizione, e il 1647, anno della rivolta di Masaniello. L’A. prosegue ricor
dando come in seguito agli eventi del 1647 sorsero in area napoletana nume
rose istituzioni accademiche, tra le quali ricorda l’Accademia Colonna, l’Ac-
cademia degli Investiganti e quella Palatina, di cui fu membro il giovane Vico.
Naturalmente il determinarsi di tali situazioni politiche e culturali non sareb
be stato possibile senza la nascita di significativi conflitti, entro i quali l’A. con
testualizza quella che egli ritiene essere una questione ancora aperta, ovvero
l’esigenza di stabilire se la contraddizione tra il giovane Vico ‘rivoluzionario’
e il Vico ormai maturo e scettico degli anni successivi possa essere riconduci
bile alle vicende storiche, delle quali sarebbe pure espressione emblematica la
poesia giovanile
Affetti di un disperato,
cronologicamente ascrivibile a questo
arco temporale (p. 415). Tra gli ulteriori eventi storici importanti che hanno
probabilmente influito sulla vicenda personale di Vico, prosegue FA., sono da
annoverare pure la congiura della Macchia del 1701, evento cui il filosofo na
poletano dedicò nello stesso anno il
Departhenopea coniuratione,
l’entrata de
gli austriaci in Napoli nel 1707 che pose fine all’egemonia spagnola, e l’ascesa
al trono di Carlo III di Borbone, che ristabilì l’autonomia del Regno di Na
poli.
Vico, nota ancora l’A., pronunciò l’orazione inaugurale
De nostri temporis
studiorum ratione
nel 1708, in presenza del cardinale Vincenzo Grimani, rap
presentante degli interessi asburgici nel Viceregno: un tale dato, ritiene Kele
men, deve far riflettere sul fatto che mentre le prime sei orazioni inaugurali ri
specchiano il cartesianesimo eclettico di Vico, ancora denso di elementi neo-