RECENSIONI
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cepire gli oggetti corporei (p. 431). Sostenere che i princìpi del mondo civile e
della storia consistono nelle modificazioni della mente umana significa avvalo
rare una tesi fondamentale dell epistemologia e della filosofia della storia vi
chiana, mentre la preferenza delle scienze naturali, basandosi su un
topos
uma
nistico, accentua i limiti epistemologici dell’uomo. Da tutto ciò consegue che
conoscere la società equivale a conoscere se stessi e ad affermare che l’auto-co-
noscenza è alla ‘base’ della conoscenza della società (p. 432). Di un certo inte
resse sono pure le pagine finali del saggio, nelle quali Kelemen riflette sul con
cetto di «storia ideale eterna» (pp. 438-442), sulla concezione linguistica di Vi
co e sull’interpretazione dell’opera di Dante offerta dal filosofo napoletano (pp.
447-453).
Al contributo di Kelemen segue quello di Attila Fàj
[A tudomdnyos felfe-
dezés nem-ortodox logikdja Vicónàl
(«La logica non-ortodossa della scoperta
scientifica in Vico»), pp. 454-461], studioso ungherese noto innanzitutto per le
sue indagini volte a dimostrare la relazione che sussiste - pure grazie alla me
diazione di Michelet - tra la filosofia della storia di Vico e il senso della trage
dia in Imre Madàch. L’A. propone qui un resoconto logico-analitico sui fonda
menti ‘retorici’ dell’argomentazione scientifica vichiana e, analizzando in det
taglio le formule retoriche individuabili nelle argomentazioni proposte da Vico,
attribuisce particolare rilievo all’ém-xeipTlna, ovvero a quel certo tipo di sillo
gismo che egli mette in relazione con la così detta riflessione laterale
(lateral
thinking)\
un’esemplificazione per mostrare l’efficacia delPérci-xelprma nelle
argomentazioni vichiane viene individuata da Fàj nelle
Institutiones oratoriae.
L’A. riflette poi sul noto assioma vichiano - che presenta evidenti influenze de
sunte dagli assunti di Protagora e di Hume - secondo il quale «l’uomo, per l’in-
diffinita natura della mente umana, ove questa si rovesci nell’ignoranza, egli fa
sé regola dell’universo» (
Sn44
, § 120). Secondo la tesi dell’A., Vico avrebbe po
tuto argomentare tale assioma anche in maniera più sintetica attraverso la se
guente formula: «ogni uomo ignorante fa di sé stesso la misura delle cose». Pro
babilmente - dichiara Fàj - Vico deve aver ritenuto importante inserire una ‘ga
ranzia’ (in senso logico) in questa sua argomentazione, e quindi includere in
questo assioma la giustificazione della «natura indefinita della mente umana».
Tale giustificazione diventa, così, anche la prova della premessa dell’assioma
- «questi uomini particolari fanno di sé stessi la misura delle cose» - implici
tamente accettata solo se ad essa si aggiunge tale precisazione: «giacché la na
tura della mente umana è indefinita, ossia non è esclusivamente razionale, ma
è razionale ed irrazionale, intelligente e non intelligente, appassionata e capric
ciosa» (p. 459).
In ultimo, chi scrive è pure autore di due degli studi inclusi in «Helikon».
Nel primo di essi
[A ‘reflektàlt barbàrsàg’ a tòrténeletnben és a nyelvben
(«La
‘barbarie della riflessione’nella storia enei linguaggio»), pp. 513-524], sono pre
si in esame - da un punto di vista storico-filosofico e linguistico-filosofico - al
cuni luoghi testuali della
Scienza nuova
che includono le diverse formulazioni
riguardo la «barbarie della riflessione», utilizzando anche i risultati delle ricer