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FABRIZIO LOMONACO
tecentesca e istanze della cosiddetta nuova «scuola storica napoletana
del diritto» in cui è costante il richiamo a Vico quale garanzia di filoso-
ficità per lo
ius
e la storia nella sua moderna accezione di «scienza pra­
tica». Un impegno, questo della scuola giuridica, mai dimentico dell’in­
novazione gnoseologica introdotta dal principio del
verum -factum ,
ap­
plicato al rapporto tra
legislazione
e
storia
in un programma pedagogi-
co-politico di segno riformistico, capace di sfatare il mito idealistico del
Vico apolitico e conservatore, anti-lluminista, o quello aggiornato del fi­
losofo «capostipite di ogni forma e modo del moderatismo meridiona­
le»50. Ed è a uno dei protagonisti dell’indagine del Tessitore, il giurista-
vichista Niccola Nicolini, attento alF«etimologia» e all’«origine» delle
leggi dell’uomo, all’elogiato ruolo della
fantasia
nella
Divina Commedia
,
che possono essere riferiti gli studi di Aldo Vallone sul dantismo napo­
letano di primo Ottocento. Il «Bollettino» li ospitava nello stesso nu­
mero del 1976, impostando un altro momento della ricerca sulla fortu­
na del vichismo, trattando degli scritti di Puoti e Di Cesare, di Perez e
Simonetti, di Berardinelli e, soprattutto, di Baldacchini (sul nesso di poe­
sia e storia) e di Amicarelli (sulla «dialettica» di immaginazione e ragio­
ne): «Un capitolo assai poco noto del vichismo [ ...] , - confesserà l’au­
tore al Piovani - scritto con spirito fermamente laico [ ...] nella nostra
buona tradizione [...] [che], son certo, darà a te compiacimento»51. Del
resto, Piovani, a suo tempo e modo, aveva osservato che il destino di
Dante nel secolo XIX era assimilabile a quello di Vico che, nell’Otto-
cento filosofico italiano, era diventato - come il poeta - il modello-ga­
ranzia di un’«araldica ideale» con lo scopo di assicurare basi antiche al­
la «resurrezione» nazionale. Se c’era stata una «fortuna risorgimentale»
di Vico come di Dante, non si trattava di demistificare le relative inter­
pretazioni, ma di saperle comprendere in tutte le loro autentiche di­
mensioni. Sul poeta fiorentino come sul filosofo della
Scienza nuova
ma­
turarono, sia pure confusamente, proposte critiche degne di essere rie­
saminate. Lo sono, in particolare, quelle ben note di Cuoco e Lomona-
co, di Romagnosi e Steliini, di Salfi eJannelli, di Ferrari, Manzoni e Tom­
maseo fino al De Sanctis che «costituisce sì un caso a parte, ma, indub­
50 Id.,
Momenti d el vichismo giuridico-politico nella cultura meridionale,
ivi, VI (1976), in
partic. pp. 76 sgg. e 97 sgg.;
I
d
.,
recensione a G.
OLDRINI,
La cultura filosofica napoletana del-
l ’O ttocento,
Bari, 1973, ivi, IV (1974), p. 203.
51 Cfr.
Aldo Vallone a Pietro Piovani,
Napoli, 22 settembre 1975, ora in Archivio della
«Fondazione Pietro Piovani per gli Studi Vichiani», cartella 6/h, c. 1. Cfr. F.
TESSITORE,
Mo­
m enti d el vichismo giuridico-politico nella cultura m eridionale,
cit., pp. 98-99. Di Vallone si ve­
dano le
Linee d el dantismo napoletano n el primo Ottocento. Dante e Vico,
in questo «Bolletti­
no» VI (1976), pp. 112-152.
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