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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
plinari, la pertinenza interpretativa e l’utilità
pratica, soprattutto per il lavoro antropolo
gico oltre che per la riflessione teorica, del
quineano «principio di carità»: «si j’accepte
de tcnir mon vis-à-vis pour quelqu’un capa-
ble de parler, je dois interpreter ce qu’il dit
(ou ce qu’il fait) dans un sens «charitable»,
c’est à dire cn lui supposant suffisamment de
rationalité pour ne pas tenir de propos ab-
surdes ou inexplicables» (p. 150).
Così riassunto il significato del principio
di carità (che per Quine entra in gioco nella
cornice di una possibile «traduzione radicale»
fra differenti linguaggi), Vincent Descombes
ne sottolinea il legame con una dottrina del
senso comune «qui veut établir la nécessité de
reconnattre comme un fait et de poser comme
une condition de toute pensée rationnelle qu’il
existe un ensemble de croyances soustraites à
toute mise en question» (p. 148). E tuttavia è
proprio nel suo rapporto con la dottrina del
senso comune che, secondo l’A., il principio di
carità evidenzia due differenti ordini di diffi
coltà: in primo luogo, infatti, benché il princi
pio giunga a determinare un senso comune
dell’umanità, si arresta ad un livello per così di
re «naturale» della comunicazione intersog
gettiva, astraendo cioè dalla forma storico-ci-
vile entro cui questa necessariamente si svi
luppa (istituzioni, modelli di condotta, educa
zione, ecc.). In secondo luogo, pur muovendo
per certi versi dai medesimi fondamenti della
pratica ermeneutica (che procede dalla
condi
visione di una verità
all'
interpretazione del te
sto
), il principio di carità se ne distanzia preci
samente nel momento in cui consente di farva
lere, quale criterio di verificazione e di lettura
del proprio oggetto, l’appartenenza ad una
eredità normativa generalmente partecipata. 11
principio di carità elude così, se analizzato al
fondo, il problema stesso che intenderebbe
chiarire, lasciando irrisolta la questione di una
possibile comprensione fra culture radical
mente diverse.
È a questo punto che, forte del ricorso
ad alcuni temi delle filosofie wittgensteinia-
na e vichiana, Descombes crede di poter op
porre al principio di carità quello ch’egli de
finisce «principe de sociabilité» (p. 156).
Secondo Wittgenstein, «Si les indigènes
observés agissent selon les formes d’une vie
sociale (commander et obéir, questionner et
répondre, raconter, etc.), c’est qu’ils pensent
comme nous, non pas du tout parce qu’il au-
raient
nos
croyances, mais parce qu’ils ont
des
croyances, c’est à dire qu’ils expriment et réa-
gissent selon les formes d’un système, comme
nous le faisons nous-mémes»
(ibid.).
In tale
contesto, «l’accord qui est présupposé n’est
pas un accord sur les dires, il concerne le lan-
gage. Ce n’est pas un accord des opinions
(consensus de l’orthodoxie), mais un accord
de la forme de vie»
(ibid.).
La teoria dei gio
chi linguistici permette così di rappresentare
l’interrelazione attiva fra gli esseri umani al di
là dei rapporti da questi istituiti, alPintemo dei
diversi sistemi, fra senso e verità.
Per Vico, come recita la degnità XII del
la
Scienza nuova
del ’44, «Il senso comune è
un giudizio senz’alcuna riflessione, comune
mente sentito da tutto un ordine, da tutto un
popolo, da tutta la nazione o da tutto il ge
nere umano»; esso ha dunque una valenza
so
ciale
che si allarga progressivamente fino ad
abbracciare l’intero genere umano e che si ar
ricchisce di nuovi significati attraverso una
rilettura storica del concetto di «diritto na
turale»; Vico costruisce cioè una
storia
del
senso comune come storia del diritto natura
le: «Sous le nome de ‘sens commun’, Vico est
à la recherche d’une définition d’un droit na-
turel qui ne soit pas étranger à l’histoire hu-
maine» (p. 159). Religione, matrimonio e se
poltura rappresentano le tre istituzioni fon
damentali di ogni convivenza civile, ma il
compito precipuo dello studioso non si con
cretizzerà ncU’esame delle culture passate
mediante il filtro ermeneutico proposto dal
la forma in cui queste istituzioni si sono cri
stallizzate nei nostri stessi ordinamenti,
quanto piuttosto nel saper distinguere, attra
verso le diverse epoche storiche, «
des
con-
ceptions et
des
croyances qui s’exprimeront
dans un culte religieux, dans la célébration
du mariage et dans la sépulture»
(ibid.).
Ciò
favorisce un approccio scientifico privo di
quelle «borie» interpretative che costringo
no l’interlocutore all’interno di modelli
estranei alle sue tradizioni.
In conclusione, secondo Descombes, la li
nea americana Quine-Davidson, se comparata
con gli spunti offerti dal pensiero di Wittgen