AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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che sul Vico professore di retorica (capitolo
II. 2) e sul suo pensiero giuridico (capitolo
II. 4). Prende in considerazione il
De ratione
e le altre
Orazioni inaugurali
, analizza i testi
del
Diritto universale
dandovi una lettura au
tonoma e non preparatoria alla
Scienza nuo
va.
Allo stesso modo il capitolo sulla
Scienza
nuova
(II. 5) richiama l’attenzione non solo
su gli aspetti filosofici più celebrati, come il
metodo e i principi, la storia ideale eterna o
il concetto di ricorso, ma anche sul ruolo cen
trale degli elementi I-IV (la mente umana co
me «regola dell’universo», la boria delle na
zioni e dei dotti), la mitologia, le etimologie
e la teoria dei tropi.
Alcune affermazioni possono sembrare
discutibili, come quando 1’ A. parla del «di
zionario mentale», l’«arbor scientiae» e
l’«enciclopedia delle scienze poetiche» come
«forme di rappresentazione» («Darstel-
lungformen») della
Scienza nuova
(pp. 96-
101), o se nel distinguere le funzioni diverse
delle tre lingue definisce quella come «lingua
perfetta della verità» (p. 117); troppo breve
risulta poi 1’ ultimo capitolo, quello sulla for
tuna di Vico. La bibliografia informa sulle
principali edizioni e traduzioni dell’opera di
Vico e fornisce un’ ampia informazione sul
la letteratura vichiana contemporanea.
[S. W.]
36.
KUGELMANN
R., recensione a G. Vico,
The first ‘New Science'
(Cambridge, Cam
bridge U. R, 2002), in «American Catholic
Philosophical Quarterly» LXXVHI (2004) 1,
pp. 169-170.
37.
L a P ic c ir e lla
Rossella, recensione a
G . VICO,
De nostri temporis studiorum ratio
ne
(Indici e ristampa anastatica dell’edizione
Napoli 1709, a cura di M. Veneziani, Firen
ze, Olschki, 2000), in «Studi e Problemi di
Critica Testuale» IX (2004), pp. 266-267.
38. L
omonaco
Fabrizio,
Tracce di Vico
nella polemica sulle origini delle pandette e
delle XII Tavole nel Settecento italiano,
N a
poli, Liguori, pp.
IX-55.
Si tratta di una puntuale e molto ben ar
ticolata indagine - tanto storica, quanto filo
logica - riguardo la presenza di Vico entro il
complesso e intenso dibattito settecentesco
sulle origini delle Pandette e delle XII Tavole,
ma anche - come fa notare Cacciatore nella
Presentazione
al volume - di un «interessante
capitolo della storia della cultura giuridica ita
liana, analizzata e valutata [...] in controluce
rispetto ad uno dei profili probabilmente più
originali della tradizione culturale del nostro
paese: la filosofia etico-civile» (p. Vili).
Al centro di questo agile studio, infatti,
Lomonaco pone la questione delle origini
delle Pandette e delle XII Tavole, e lo fa in
dagando entro quel dibattito e quelle rifles
sioni che, durante il secolo XVIII, impegna
rono gli storici ed i giuristi italiani in discus
sioni inerenti il diritto romano, tese a met
terne in luce la valenza storica e a verificarne
la continuità, in relazione al processo di for
mazione e soprattutto di legittimazione del
le forme di governo dell’età moderna. L’A. si
concentra pertanto sulla storia della fortuna
delle riflessioni del filosofo napoletano ine
renti lo
ius
romano, e sulle conseguenze che
proprio quelle valutazioni ebbero entro i
confini di tale dibattito, visto che quanti - tra
storici, giuristi, filosofi, letterati ed eruditi -
furono impegnati in tali disamine, non pote
rono fare a meno di richiamarne il pensiero,
riprendendolo o ricusandolo conformemen
te agli orientamenti e alle interpretazioni. Di
certo Lomonaco segue solo alcune delle linee
d’indagine pertinenti al tema selezionato, ma
esse sono da sole in grado di fare pienamen
te luce sulle argomentazioni, tanto comples
se, quanto variegate, sviluppatesi intorno a
tale disputa, sebbene sovente siano di essa le
voci minori.
Inizialmente, dopo aver ricordato il giuri
sta olandese Hcnrik Brenkman, l’A. dedica al
cune dense pagine all’aspra polemica che op
pose, intorno ai primi due decenni del Sette
cento presso lo Studio pisano, Bernardo Ta-
nucci a Guido Grandi, i quali molto discusse
ro sull’origine delle Pandette, sul metodo e sui
contenuti delle fonti del diritto e dei
librilega
les,
oltre che sull’opera di Vico. Se infatti pa
reva esemplare a Tanucci «il metodo del filo
sofo napoletano che le esperienze del diritto