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AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
romano aveva indagato nella concretezza sto
rica delle effettive condizioni sociali e politiche
della
civitas
, senza mai assimilarle al modello
di legislazione e di cultura d’origine greca» (p.
6), il suo ‘antagonista’ Grandi sosteneva pro
prio la genesi greca dello
ius
romano, non ne
gando tuttavia il proprio interesse nei con
fronti dell’opera vichiana, della quale apprez
zava i «fondamentali motivi d’indagine sul
l’antico diritto romano» (p. 9). «La polemica
pandettaria» - dichiara Lomonaco, mettendo
bene in evidenza il senso più vero di questa sua
indagine - «non era stata soltanto la manife
stazione di un banale contrasto tra eruditi, di
una controversia accademica, interna allo Stu
dio pisano [...]. Essa aveva introdotto la que
stione della continuità d’uso del diritto roma
no giustinianeo nell’alto medioevo, complica
ta dal connesso problema del fondamento di
validità dello
ius commune»
(p. 14), come pu
re aveva sollecitato in Tanucci - ancora teori
camente sostenuto dall’opera di Vico - l’intui
zione che in detta disputa dovessero essere rin
tracciate «le origini degli ordinamenti politici
italiani» (p. 16).
L’A. prosegue chiarendo i motivi per cui
intorno a! 1730 - esauritasi ormai la polemi
ca sulle origini delle Pandette - il dibattito
intorno la genesi dell’antico diritto romano
divenne sempre più acceso. In area padova
na Lomonaco ricorda Niccolò Concina, il
quale manifestò il proprio dissenso contro il
diritto dei ‘moderni’ giusnaturalisti Grozio,
Selden e Pufendorf, mentre nell’ambiente
napoletano fa menzione di Damiano Roma
no, che pur intendendo il diritto quale ma
nifestazione storica del mondo umano, non
riesce a cogliere pienamente la ‘romanità’
delle XII Tavole. Romano - chiarisce Lomo
naco -, è ben lontano dal pensiero di Vico,
del quale «mostra di non saper cogliere l’o
riginalità di una lettura che interpreta l’anti
co
ius
romano in termini di legislazione agra
ria per accedere alla vera ‘chiave’ dell’intera
storia romana e alla spiegazione della persi
stenza del
nesso
, quale originaria ‘assuefazio
ne’ alla ‘dominazione’ dei
patres»
(p. 28).
Dopo un accenno a Giovanni Lami, se
guono dense pagine dedicate ad Emmanuele
Duni, nelle quali l’A. fa ben comprendere la
profondità del
vichismo
di questo storico del
diritto, il cui pensiero diviene profonda testi
monianza esplicativa di «una nuova maniera
di sentire e di porre sul piano teorico il pro
blema della storia, di condividere il tono an
timetafisico dominante la
filosofia
meridio
nale di secondo Settecento» (pp. 46-47). E
proprio dopo la testimonianza di Duni che il
confronto settecentesco sulla legislazione ro
mana tende lentamente ma inesorabilmente
ad estinguersi, e con esso pure quei richiami
al pensiero di Vico, che hanno contribuito ad
incrementarne la storia della fortuna.
Si aprono, a questo punto, le pagine con
clusive e più interessanti della disamina, che
approfondiscono temi teorici e storiografici,
utili alla comprensione dello studio della so
cietà moderna e della sua genesi, delle sue
fonti come pure di quei fattori di continuità
dei suoi tratti costitutivi. «Nella Napoli di Fi
langieri e Pagano, di Grimaldi e Di Genna
ro» - così l’A. - «Vico è certo notissimo ma
è anche un pensatore scomodo, asistematico,
originalissimo e sempre stimolante» (p. 47).
Il pensiero del filosofo napoletano nelle pa
gine di Pagano e Delfico assume ora una rin
novata finalità di pedagogia governativa, tan
to che «nella
politicità
della sua lezione i
riformatori meridionali di formazione geno-
vesiana possono trovare i presupposti teori
ci della loro polemica contro l’anarchia feu
dale e il potere temporale della Chiesa ro
mana [...]. In tale contesto, i contenuti del
vichismo storiografico italiano di fine Sette
cento subiscono significative trasformazioni
per le nuove esigenze teoriche e storiche as
sai differenziate che si collocano nel compli
cato processo di unità e rifondazione dell’i
dentità nazionale» (pp. 48-49, 54).
Questi i temi di fondo dell’indagine, che
ci sembra tanto più interessante proprio per
ché tesa ad investigare una fase particolare
della storia della fortuna di Vico e a chiarire
i termini di un dibattito, del quale Lomona
co non solo mette giustamente in luce l’iste
rilimento dogmatico di alcune voci riguardo
le discussioni sull’origine dell’antico
ius
, ma
anche quella critica che, resasi manifesta alla
fine del Settecento, ne denuncia tutte le
deformazioni ‘bizantine’ negli allora attuali
ordinamenti legislativi.
[A. Scogn.J