AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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Il dibattito settecentesco intorno alla
giustizia, alla natura del diritto e ai suoi fon­
damenti, è quanto mai ampio e variegato.
L’A. si sofferma su quello che può certamen­
te essere considerato il suo punto nevralgico:
il contrasto, e la difficile ricomposizione, tra
diritto naturale e diritto positivo, tra assolu­
tezza della legge di natura e storicità della leg­
ge positiva. Contrasti e ricomposizioni sono
rappresentati ed enfatizzati sul terreno ne­
cessariamente ambiguo e ambivalente dello
jus gentium,
il diritto delle genti, che regola i
rapporti tra i popoli e non tra gli individui di
un singolo Stato, e non può dunque far ap­
pello alle sue leggi, ma a leggi «universali»,
condivisibili da parte di tutti i popoli. Seb­
bene sia nozione antica, praticata e meditata
nella vasta e sapiente giurisprudenza roma­
na, lo
jus gentium
raccoglie in epoca moder­
na le nuove questioni che intorno al diritto si
vanno costituendo. Sulla natura ancipite del
diritto delle genti si mette alla prova il giu­
snaturalismo nelle sue diverse declinazioni;
qui sono scelte come emblematiche le posi­
zioni di Francisco de Vitoria, Ugo Grazio,
Giambattista Vico, il Diderot autore della
voce
Droit naturel
per
VEncyclopédie.
Francisco de Vitoria accentua dello
jus
gentium
la naturalità, ossia il riferimento uni­
versale alla naturale socialità umana, operan­
do però «una manifesta inversione di pro­
spettiva che ne rinviene la garanzia non nel
fondamento ma nella finalità - l’essere ordi­
nato al bene comune - verso cui tende» (p.
156). Grazio viene esaminato attraverso la let­
tura che Vico ne propone; particolarmente in­
teressanti, al suo interno, i punti di divergen­
za. Nel
De uno,
ad esempio, è ampiamente di­
scusso il mancato riconoscimento, da parte di
Grazio, della distinzione tra
jus naturaleprius
e
jus naturale posterius
; sulla loro distinzione
invece, e sulla loro ricomposizione modulata
nel tempo secondo le indicazioni della Prov­
videnza, si regge il disegno del «corso delle na­
zioni» tracciato nella
Scienza nuova.
Al fondo
c’è, tra Vico e igiusnaturalisti, Grazio, Selden,
Pufendorf, un divario incomponibile sul con­
cetto di ragione, e sul rapporto tra ragione e
diritto. Il diritto delle origini, lo
jus gentium,
non ha valenza razionale, ma non per questo
è privo di universalità; attinge la sua forza nor­
mativa e la sua legittimità dal suo stesso farsi
storico, dal senso comune, trovandovi anche
terreno di autentica ricomposizione.
Infine, Diderot opera un significativo ca­
povolgimento nella definizione di diritto na­
turale: esso è fondato sulla generalità della
legge e della volontà, non ne costituisce più
il fondamento. E la generalità si dà come ta­
le solo in relazione al suo fine, felicità e bene
comune, e alla fattualità in cui nasce.
[M. R.]
44.
M
ar
I
n
-C
asanova
José A.,
Rumbo al
mito. Giambattista Vico y la fabulosa Retòri­
ca,
Sevilla, Grupo Nacional de Editores,
2004, pp. 119.
Le due sezioni che compongono il volu­
metto («De la razón al mito y viceversa» e
«De la lògica a la retòrica y viceversa») ri­
propongono integralmente due saggi già
pubblicati in precedenza,
llustración y Ro­
manticismo en la
«Scienza Nuova»: la racio-
nalidad del mito y el mito de la racionalidad,
in «Cuadernos sobre Vico» II (1992), pp. 35-
50, e
Nada esiste dondefaltan las palabras: la
quidditas
retòrica de Vicoy la metafisica de la
evidenzia,
in «Cuadernos sobre Vico» VII-
VIII (1997), pp. 75-99, recensiti rispettiva­
mente in questo «Bollettino» XXIV-XXV
(1994-1995), pp. 320-324, e in XXVIII-
XXIX (1998-1999), pp. 343-353.
45.
M
arshall
David,
«La congiura dei
principi napoletani» di Giambattista Vico,
in
«Napoli nobilissima» V (2004) 3-4, pp. 105-
120
.
Un saggio acutamente orientato a legge­
re il resoconto vichiano della congiura di
Macchia del 1701 alla luce degli sviluppi suc­
cessivi della teoria del
verum-factum
e del
ve-
rum-certum.
«Il racconto che Vico ci ha la­
sciato di quell’azione costituisce l’unica mo­
nografia storica, concepita in modo tradizio­
nale, da lui scritta. Vico, il quale col tempo
diverrà sempre più interessato all’elisione del
particolare nell’universale, nella sua storia
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