PIETRO PIOVANI E IL «BOLLETTINO DEL CENTRO DI STUDI VICHIANI»
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temi a fondamento del «Bollettino», non si ha difficoltà a cogliere in quel
la «filosofia» una delle problematiche che hanno agitato al fondo l’iti
nerario speculativo di Piovani e i suoi stessi interessi per la civiltà lette
raria e la storia etico-politica contemporanea, per la storiografia filosofi
ca come storia delle idee e le questioni di teoria della storia e del signifi
cato delle scienze umane. E quanto ha documentato, nel
YIntroduzione
al primo numero del «Bollettino» (1971), l ’acuta e fine ricognizione dei
problemi della ricerca su Vico nella cultura di fine Novecento, vocata a
essere sempre meno «una filosofia del concetto» e sempre più del «con
creto», «attratta da quanto è implicito nelle strutture del linguaggio, os
servato come insostituibile esperienza di comunicazione e di comunità;
e Vico propone una sua filosofia di questa esperienza, cosi considera
ta»58. Contro il razionalismo astratto, presuntuoso nell’imporre spiega
zioni e classificazioni deduttive e riduttive della complessità del reale, la
nuova logica del concreto che Vico teorizza e che la cultura contempo
ranea può condividere è quella fondata sul riconoscimento della
ragio
n e,
la quale nei modi del suo esistere è garanzia di
linguaggio.
Quest’ul
timo è, infatti, alla radice di un’ansia di comprensione storica della realtà,
perché riconoscibile non solo come strumento espressivo ma come va
lore di un’ermeneutica dell’esperienza che si serve del non razionale (im
maginazione, fantasia, ingegno) nella
discoverta
dei fatti umani, nel mi
to come nella poesia, nei riti religiosi come nelle forme arcaiche del di
ritto59. In tale ambito, il «Bollettino» ha fornito un’ampia, significativa
58 Cfr. P.
PIOVANI,
Il Centro di Studi Vichiani,
cit., pp. 7-8. È un ‘segno’ costitutivo della
filosofia vichiana l’interesse a conoscere le modalità in cui si compie la storicizzazione della
ragione che giunge ad includere il non-razionale nella valutazione di una «razionalità operante
nei fatti, favorendo discoverte essenziali, come quelle sulla lingua e i linguaggi». Così Piova
ni segnalando, nelle
Note e notizie
del «Giornale Critico della Filosofia Italiana» del 1973,
l
’Introduzione
di R. Parenti alle
Opere
di Vico (Napoli, 1972): cfr. Id.,
Scandagli critici,
cit., p.
408
(Opere
già presentate nel denso articolo,
Una rilettura di G.B. Vico,
in «Il Mattino» di Na
poli, LXXXI, 2 novembre 1972, p. 3). Qui, veniva sottolineato il valore della filosofia vichia
na quale ricerca di una razionalità «desiderosa di inglobare, non di ridurre, di comprendere,
non di escludere. La stessa polemica anticartesiana di Vico, nella sua sostanza, va vista in que
sta aspirazione verso la fondazione di una ragione diversa»
(ihid.).
Cfr. anche Id.,
Vico e la sto
ricizzazione della ragione
[1968], in
FNV,
pp. 401-403.
59 E quanto a Piovani proveniva dalla lezione di linguisti di professione come Giovanni
Nencioni, stimatissimo collaboratore del «Bollettino» che, nel 1975, rispondendo all’invito a
un ampio studio sulla lingua del Vico, rinveniva nelle pagine piovaniane di
Lavorare in pro
prio
la testimonianza di una sensibilità nuova e tipica della filosofia del Novecento: «Non sa
pevo che anche in filosofia si applicasse l’esasperante metodo di troppa saggistica letteraria;
mi ero però accorto che molta filosofia di oggi è, in realtà, analisi del linguaggio, non impie
go del linguaggio come strumento per trattare quei problemi che noi un tempo sentivamo ‘fi
losofici’. E come se uno, messosi in cammino per raggiungere una meta, non fosse più sicuro