AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
255
me ad una «filosofìa della storia» - una disci
plina filosofica, quest’ultima, che ritienenasca
dopo Vico, con le note opere herderiane -,
Betti si concentra soprattutto sulla tesi del
ve-
rum-factun
, applicata - com’è noto - nella
Scienza nuova
al mondo storico-civile. Egli
considera questa concezione il «cardine fon
damentale di tutta la teoria dell’interpretazio
ne» (p. 94), dal momento che «soltanto quel
lo che lo spirito ha creato, lo spirito stesso è in
grado di intendere» (p. 99).
L’A., inoltre, con citazioni puntuali mo
stra come, pur rimanendo sul «terreno feno
menologico della scienza» (p. 101), la bettia-
na teoria generale dell’interpretazione sia co
munque portatrice di un’«istanza metafisi
ca» che il filosofo dell’interpretazione defi
nisce «eccentrica» o «cosmocentrica» e spie
ga in termini di «comunione spirituale», di
«cosmo di valori». Tale «istanza superindivi
duale», aggiunge Betti, non deve indurre a
pensare «a una sostanza dotata quasi di co
scienza propria, ma piuttosto ad una struttu
ra o forma interiore in vivente divenire [...],
tale da costituire fra i singoli partecipanti una
comunione, dal cui complesso unitario essi
sono inscindibili e alla cui potenza essi sono
necessariamente soggetti: tanto soggetti, da
potersi dire che quella comune spiritualità da
cui sono fasciati sia l’atmosfera stessa ch’essi
respirano e determini la prospettiva storica
mente condizionata delle loro valutazioni»
(ibid.).
Questa prospettiva «eccentrica» o «co
smocentrica» - che sembrerebbe attingere al
la teoria vichiana del senso comune - si con
trappone in Betti a quella «egocentrica» o «so
lipsistica», impossibilitata ad avviare un pro
cesso ermeneutico perché incapace di instau
rare un autentico rapporto comunicativo, che
- si sa - si realizza sempre fra un
io
ed un
tu.
Tutto ciò, in sintesi, spiega l’insofferen
za di Betti verso il
cogito
del «monastico»
Cartesio, che con la solitaria radicalità della
sua riflessione «pone l’uomo al di fuori di una
‘magna viventium ac defunctorum commu
nio’» (p. 97), e le sue non sempre esplicite,
sebbene sostanziose preferenze per il con-fi-
losofare vichiano.
[R. D.]
68. SANNA
Manuela, recensione a
II sa
pere poetico e gli universalifantastici: La pre
senza di Vico nella riflessione filosofica con
temporanea
, a cura di G. Cacciatore
et alii
(Napoli, Guida, 2004), in «Rivista di Storia
della Filosofia» LVIII (2003) 3, pp. 535-539.
69.
SCHMITT
Arbogast,
DieModerne und
Platon
, Stuttgart-Weimar, Metzler, 2003, pp.
584.
Nella prima parte di questa ampia inda
gine sulla recezione di Platone in età moder
na troviamo alcuni riferimenti a Vico sul rap
porto tra ‘natura’ e ‘cultura’ (pp. 81-83,98-99,
118-120); dove il filosofo napoletano viene
considerato precursore della scienza della cul
tura accanto a Herder e Cassirer. Il passaggio
vichiano dal ‘mondo naturale’ al ‘mondo civi
le’ viene considerato infatti tipico dell’impo
stazione moderna, in significativa rottura con
il pensiero antico e medievale. In questo sen
so l’A. sottolinea la vicinanza di Vico e Carte
sio, tanto per la reazione alle posizioni dei fi
losofi e dei filologi antichi, quanto per la co
mune ricerca di una chiave di volta per la pro
pria immagine di scienza. Il
cogito
cartesiano,
secondo l’A., non viene limitato dalla ‘stori-
cizzazione’ vichiana della mente umana; la
Scienza nuova
, invece, allarga e radicalizza la
razionalizzazione logocentrica del mondo, ri
vendicando la necessità della ragione anche
nell’agire storico-culturale dell’uomo.
[S. W.J
70. SCHORK R.J.,
Vico’s Varigation
, recen
sione a D. Ph. Verene,
Knowledge ofThings
Human and Divine. Vico’s New Science and
Finnegans Wake (New' Haven and London,
Yale University P., 2003), in «James Joyce Li-
terary Supplement» XVIII (2003) 1, p. 8.
71. Sherry Roush,
The ‘Donna me pre
ga’ of thè Seicento? Reassessing Vico’s Unau-
tobiographical ‘Affetti di un disperato’,
in
«Modem language notes» CXVIII (2003) 1,
pp. 147-167.