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FABRIZIO LOMONACO
era, innanzitutto, l’adesione alla tesi che identifica in Vico lo
scisma
tra
due culture corrispondenti all’irriducibile solco tra realtà dell’uomo e
mondo della scienza, nessun giudizio positivo poteva essere espresso sul
la lettura berliniana che aveva fatto del filosofo napoletano un anti-Vol
taire. Il rischio era di reintrodurre il vecchio mito storiografico di un il
luminismo antistorico, smentito già dalla magistrale lezione di Paul Ha-
zard, in cui l’illuminista francese era stato avvicinato a Vico nella comu
ne età della «crisi della coscienza europea». Perciò, con il sostegno del
le interpretazioni innovative di Cassirer, Meinecke e Kaegi, si trattava di
comprendere il senso autentico del «relativismo» storico di Voltaire, fa
cendo anche di lui uno «scismatico» e preferendo la prospettiva di un’e
quilibrata relazione con l’autore della
Scienza nuova
all’«artificio di
un’antitesi esasperata»91.
Abbandonato lo studio della
natura
della fisica per una nuova
fisica,
quella specifica dell’uomo e del suo mondo, la filosofia di Vico perso
nifica il complicato ma definitivo passaggio dall’antica visione cosmolo
gica alla moderna «umanologia», alternativa ai residui scolastici di una
concezione statica dell
'essere
e della
sostanza,
perché finalizzata a stu
diare con la filosofia-filologia il dinamico divenire dell’uomo. Era, quel
la teorizzata, la definitiva rinuncia a ogni rinnovata metafisica quale or
dine includente il naturale e il soprannaturale, opposto alla moderna «fi
losofia dell’uomo», ricercata e compresa nel suo storico farsi
senza na
tura,
limitata a
esser e
solo in funzione del genere umano che
n eN essen
ziale
si sperimenta come
esistenziale
92. In proposito, ad attestare l’origi
nale fisionomia del Vico di Piovani era l’elegante ed equilibrata recen
sione dedicata al
VIntroduzione
di Nicola Badaloni, scritta, nel 1971, per
l’edizione sansoniana delle
Opere filo so fich e.
Di essa, come di tutti gli al
tri scritti pregevoli o modesti, recensiti e segnalati nell’arco di dieci an
ni di vita del
suo
«Bollettino», era attento a cogliere l ’idea direttiva,
confortata dalle nuove proposte critiche. Dopo le preliminari riserve sul
l’esclusione dagli scritti filosofici del
Diritto un iversale
e, in particolare,
del
De constantia
(che ha «una sua collocazione ‘filosofica’ centrale [ ...] ,
in senso molto stretto, specie per la sua posizione direttamente prope
deutica rispetto alla
Scienza nuova»),
al centro dell’analisi si collocava
no, innanzitutto, le finissime osservazioni sull’ opportuna insistenza ba-
9 1
P.
P io v a n i,
L
o
«scisma» di Vico,
ivi, VII (1977), in partic. pp. 153-154,156, poi in
FNV,
pp. 417-419,423.
92 Sono note tesi tratte da
ID.,
Vico senza H egel
[1968];
Vico e la filosofia senza natura
[1969];
Esemplarità di Vico,
in
FNV,
pp. 198 sgg., 58 sgg., 124 sgg. In proposito, rinvio al mio
Pietro Piovani e il Centro di Studi Vichiani
, cit., in partic. pp. 166-167.