PIETRO PIOVANI E IL «BOLLETTINO DEL CENTRO DI STUDI VICHIANI»
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era un omaggio al maestro e al
\’exemplum
di un’assai fine e inimitabile teo­
resi praticata liberamente nel campo della storia delle idee che aveva se­
gnato un’intera generazione di studiosi; era, altresì, una ricognizione del
lavoro svolto che si intendeva sviluppare, per aggiornare - con Piovani e
oltre Piovani - il nesso (
naturaliter
vichiano) tra l’impegno storico-filolo­
gico rinnovato e l’indagine teorica su Vico, nei suoi
testi
e nel suo
tempo.
Piovani - ha scritto assai bene Eugenio Garin nel «Bollettino» del 1984-
1985 - si rendeva conto che nel mutare della lettura di Vico si traduceva a un
diverso livello un modo diverso di leggere tutta la storia del pensiero italia­
no, della cultura italiana, della vita italiana. Ripensare Vico voleva dire ri­
metterne in discussione le grandi interpretazioni fra Ottocento e Novecento;
ma significava anche valutare inmodo nuovo la letteratura suVico, Vico stes­
so nel suo testo e nel suo tempo. Un’edizione significa sempre un modo di
‘leggere’ un autore: dagli errori di stampa ai caratteri tipografici, dai capo­
versi all’interpunzione, per non dire del peso decisivo delle scelte di varianti
e di redazioni, del recupero di inediti, della pubblicazione di documenti101.
In questo acuto giudizio mi sembra possa identificarsi il senso di una
lezione sempre formulata in libera, autonoma riflessione. Senza procla­
mi o rumorose quanto inutili dispute verbali, Piovani, nel suo «Bolletti­
no», sentì il dovere di indicare i temi e i problemi di una rinnovata ri­
cerca che additava il proprio
verum ,
vichianamente, solo nel
fa ctum ,
re­
stia alle «delucidazioni» esteriori, a bilanci più o meno esaustivi di «ef­
fetti, tesi e risultati» Le pagine del 1980, che presentavano agli studiosi
e ai fedeli lettori del «Bollettino» l’ultimo numero curato dal fondatore
e la decennale attività promossa e svolta da lui, non esitavano a sottoli­
neare l’ansia di approfondimento di una ricerca perseguita realizzando
un «caratteristico organo critico» in «vigile volontà d’indipendenza», se­
condo un «certo stile di lavoro». Coerentemente, ne scaturiva un «con­
gedo» intellettuale e morale privo di risentimento e di nostalgie per il
passato, dai tratti forse velati di pessimismo, eppure fedeli al rispetto del­
le
modificazioni
e dei
trapassi
della e nella storia, a quell’idea di filosofia
come
filo sofa re,
concreta e perenne
storicizzazione
delle idee, applicata
anche ai tempi attuali, ostili a ogni «modello di ricerca» e privi di qua­
lunque concessione all’illusoria possibilità di poter contare su «eredità
di transizioni e di ammaestramenti»:
Enormi, incalcolabili, imprevedibili sommovimenti scuotono il mondo e
cambiano i caratteri di quello che, per alcuni secoli, è stato il concetto stes­
101 E.
G
a rin
,
Gli studi vichiani di Pietro Piovani
, ivi, XIV-XV (1984-1985), pp. 7-8.
1...,31,32,33,34,35,36,37,38,39,40 42,43,44,45,46,47,48,49,50,51,...272