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GIUSEPPE CACCIATORE
il problema filosofico - tutto vichiano - del ruolo del sapere pratico-pru­
denziale (e delle sue forme spesso narrativo-poetiche, comunque flessi­
bili, problematiche e verosimili) nella filosofia dell’umano. E la posizio­
ne, giustamente richiamata da Berti, tra gli altri di Hannah Arendt e di
Paul Ricoeur, sulla significativa interconnessione tra la dimensione poe­
tica della tragedia e il giudizio «frenetico», che costituisce poi, fonda­
mentalmente, la via maestra per liberare il convincimento morale e la sua
traduzione pratica dalla secca alternativa (come scrive il filosofo france­
se in
Sé com e un altro)
tra univocità ed arbitrio. La catarsi tragica - è la
giusta conclusione dell’analisi di Berti - contribuisce in maniera decisi­
va alla formulazione di uno dei passaggi fondamentali della filosofia ari­
stotelica che, più degli altri, costituiranno uno degli assi portanti della
concezione vichiana della sapienza poetica: il valore conoscitivo della
poesia e il riconoscimento dell’autonoma funzione del verosimile e del
possibile.
Non deve, dunque, stupire che la discussione e l ’interpretazione del­
la presenza aristotelica in Vico si pongano al centro della relazione di
Gessa Kurotschka
(Il sapere, la norma, la poesia. Su Vico e Aristotele).
Non si tratta, come sembra annunciare il titolo, di una ennesima, inte­
ressante, variazione sul tema storiografico dell’eredità aristotelica nelle
principali filosofie moderne, ma, piuttosto, di un programmatico tenta­
tivo (presente anche in altri saggi dell’autrice dedicati al filosofo napo­
letano) di portare alla luce le novità teoriche nei «principi di filosofia mo­
rale» enucleabili dalle pagine della
Scienza nuova.
In questa prospettiva
si colloca il confronto con quelle articolazioni del neoaristotelismo con­
temporaneo maggiormente disponibili a riprendere alcuni passaggi chia­
ve della filosofia pratica di Vico (da Gadamer a Hennis) la quale, tutta­
via, nell’interpretazione di Gessa Kurotschka è curvata sul significato
creativo del sapere poetico e sull’articolazione delle tre facoltà della men­
te:
m em oria
,
fantasia
e
in gegn o.
Una articolazione che, di per sé, testi­
monia non soltanto del carattere pratico della sapienza poetica, ma con­
sente, altresì, di considerare Vico tra gli autori filosofici della modernità
che hanno maggiormente insistito su una considerazione antiriduzioni-
stica del nesso corpo-mente. La stessa «discoverta del vero Omero» ap­
pare, oltre che una acuta ipotesi letterario-filologica, anche ed essenzial­
mente come una dimostrazione necessaria del carattere pratico e creati­
vo di una ragione poetica che viene prima di ogni forma di riflessione fi­
losofica della ragione teoretica. Si tratta, come si può vedere, di una let­
tura estremamente originale e stimolante che, pur opportunamente insi­
stendo sulla correzione impressa aristotelicamente da Vico alla svaluta­
zione platonica della filosoficità della poesia, lascia, comunque, in una
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