INTRODUZIONE
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Credo che anche da questi saggi - e forse anche proprio grazie alle
nuove ipotesi interpretative che essi suggeriscono - possa uscire pie­
namente confermato il convincimento che la poesia e la sapienza poe­
tica teorizzate da Vico possano porsi alla base di ciò che un indimenti­
cato maestro dell’estetica italiana, Emilio Garroni, definiva come «fi­
losofia del senso dell’esperienza». Vico rompe ogni consolidata gerar­
chia tra senso e intelletto, corpo e mente, poesia e filosofia, mito e sto­
ria, immaginazione e ragione e apre la strada ad una delle rivoluzioni
della modernità (che si affianca con altrettanta dignità a quelle della
soggettività cartesiana e della nuova scienza galileiano-newtoniana): il
riconoscimento dei contenuti delle antiche verità della poesia e del mi­
to, la funzione delPoriginaria mitopoiesi, della sua logica e del suo lin­
guaggio specifici, della sua corporeità fisica e linguistica, nella rico­
struzione e interpretazione genetica dell’esperienza conoscitiva e stori-
co-culturale dell’umanità. La lingua poetica è in grado di indicarci le
origini mitiche e simboliche della storia umana ed ha dunque un carat­
tere funzionale dal punto di vista della storia, dell’ermeneutica e del­
l’antropologia culturale. Ma essa esibisce, al tempo stesso, una consa­
pevole dimensione pratica, giacché testimonia sempre di nuovo il bi­
sogno umano di creare e variare i luoghi espressivi della natura umana
(le metafore, l ’analogia, l ’universale fantastico) adeguandoli, in modo
flessibile, alle età del mondo e dell’individuo. Insomma, come ho det­
to in un mio libro vichiano, «la poesia precede la prosa, gli universali
fantastici della poesia precedono gli universali ragionati della filosofia.
La poesia, in questo senso, non è solo interpretazione di una situazio­
ne storica originaria, ma anche la conferma del convincimento vichia­
no della priorità logico-conoscitiva dell’esperienza sensibile sulla rap­
presentazione concettuale».
G
iu se ppe
C
acciatore
TRAGEDIA E FILOSOFIA IN ARISTOTELE:
UANTIGONE
Aristotele menziona
YAntigone
cinque volte, quattro nella
Retorica
e
una nella
Poetica.
Le prime due citazioni si riferiscono al celebre richia­
mo di Antigone alle «leggi non scritte» e costituiscono, credo, la più an­
tica testimonianza di quella tradizione che ha fatto della tragedia di Sofo­
cle il manifesto del diritto naturale e l’ha resa per questo famosa nella
storia. Il primo passo è anche la più organica presa di posizione di Ari­
stotele, insieme col passo del V libro dell
'Etica Nicomachea
dedicato al-
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