INTRODUZIONE
53
Credo che anche da questi saggi - e forse anche proprio grazie alle
nuove ipotesi interpretative che essi suggeriscono - possa uscire pie
namente confermato il convincimento che la poesia e la sapienza poe
tica teorizzate da Vico possano porsi alla base di ciò che un indimenti
cato maestro dell’estetica italiana, Emilio Garroni, definiva come «fi
losofia del senso dell’esperienza». Vico rompe ogni consolidata gerar
chia tra senso e intelletto, corpo e mente, poesia e filosofia, mito e sto
ria, immaginazione e ragione e apre la strada ad una delle rivoluzioni
della modernità (che si affianca con altrettanta dignità a quelle della
soggettività cartesiana e della nuova scienza galileiano-newtoniana): il
riconoscimento dei contenuti delle antiche verità della poesia e del mi
to, la funzione delPoriginaria mitopoiesi, della sua logica e del suo lin
guaggio specifici, della sua corporeità fisica e linguistica, nella rico
struzione e interpretazione genetica dell’esperienza conoscitiva e stori-
co-culturale dell’umanità. La lingua poetica è in grado di indicarci le
origini mitiche e simboliche della storia umana ed ha dunque un carat
tere funzionale dal punto di vista della storia, dell’ermeneutica e del
l’antropologia culturale. Ma essa esibisce, al tempo stesso, una consa
pevole dimensione pratica, giacché testimonia sempre di nuovo il bi
sogno umano di creare e variare i luoghi espressivi della natura umana
(le metafore, l ’analogia, l ’universale fantastico) adeguandoli, in modo
flessibile, alle età del mondo e dell’individuo. Insomma, come ho det
to in un mio libro vichiano, «la poesia precede la prosa, gli universali
fantastici della poesia precedono gli universali ragionati della filosofia.
La poesia, in questo senso, non è solo interpretazione di una situazio
ne storica originaria, ma anche la conferma del convincimento vichia
no della priorità logico-conoscitiva dell’esperienza sensibile sulla rap
presentazione concettuale».
G
iu se ppe
C
acciatore
TRAGEDIA E FILOSOFIA IN ARISTOTELE:
UANTIGONE
Aristotele menziona
YAntigone
cinque volte, quattro nella
Retorica
e
una nella
Poetica.
Le prime due citazioni si riferiscono al celebre richia
mo di Antigone alle «leggi non scritte» e costituiscono, credo, la più an
tica testimonianza di quella tradizione che ha fatto della tragedia di Sofo
cle il manifesto del diritto naturale e l’ha resa per questo famosa nella
storia. Il primo passo è anche la più organica presa di posizione di Ari
stotele, insieme col passo del V libro dell
'Etica Nicomachea
dedicato al-