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ENRICO BERTI
lo stesso argomento1, circa la distinzione tra leggi scritte e leggi non scrit
te, ossia tra diritto positivo e diritto naturale. Esso si apre in tono quasi
solenne: «Sostengo che la legge, da un lato è quella particolare, dall’al
tro quella comune, e che è particolare quella che per ciascun gruppo di
uomini è stata definita in rapporto a loro stessi, e che questa è, da una
parte, la legge non scritta, dall’altra quella scritta; invece è comune la leg
ge secondo natura»2. Poiché qui non dobbiamo occuparci specifica-
mente della dottrina aristotelica sulla legge, possiamo semplificare la di
stinzione più complessa proposta da Aristotele, identificando diretta-
mente la legge particolare (
nom os idios),
propria di un particolare grup
po di uomini, per esempio di una singola città, con la legge scritta
(ge-
gramm enos),
e la legge comune a tutti gli uomini (
nom os koinos),
cioè
«conforme a natura» (
kata phusin),
con la legge non scritta
(agraphos).
Di quest’ultima Aristotele dice: «Infatti, vi è un qualche giusto e un
qualche ingiusto comune per natura
(phusei)
di cui tutti hanno una di
vinazione (
manteuontai
), anche se non esistesse nessuna comunanza de
gli uni con gli altri, né alcuna convenzione, come pure
XAntigone
di Sofo
cle manifesta dicendo che è giusto seppellire Polinice, benché fosse sta
to vietato, nella convinzione che questo è giusto per natura (
phu sei
dikaion)»-,
ed a conferma di ciò cita i due versi 456-457,
infatti, non certamente ora e ieri, ma da sempre
questo vive, e nessuno sa da quando è apparso
i quali affermano in particolare l’eternità della legge non scritta5. Nei
versi immediatamente precedenti Antigone infatti ha appena gridato in
faccia a Creonte: «Per me non fu Zeus a proclamare quel divieto [di sep
pellire Polinice], né Dike [la Giustizia], che dimora con gli dèi inferi, ta
li leggi fissò per gli uomini. E non pensavo che i tuoi editti avessero tan
ta forza, che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte e incrol
labili degli dèi (
agrapta kasphalè th eòn nom ima
)»4.
Qui Aristotele non sembra considerare un problema il contrasto tra
legge scritta e legge non scritta, anzi, sottolineando il fatto che tutti gli
uomini, per natura, hanno una divinazione della legge non scritta, sem
bra approvarne il prevalere sulla legge scritta, e quindi concordare con
Antigone. In realtà nella filosofia di Aristotele il problema esiste, perché
1 A r is t o t .
Eth. Nic.
V 10, 1134 b 18-1135 a 5.
2 Id.,
Rhet.
1 13, 1373 b 4-6, in
ARISTOTELE,
Retorica e Poetica,
tr. it. Torino, 2004.
3 Ivi, 1373 b 6-13.
4 SOPHOCL.
Ani.
450-455,
Edipo re, Edipo a Colono, Antigone,
a cura di D. Del Corno,
Milano, 1982.