TRAGEDIA E FILOSOFIA IN ARISTOTELE
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do di violarla e quindi commettendo un crimine, ma poi riconosce la sua
colpa, come risulta dal verso 926,
soffrendo riconosciamo d’aver mancato.
«Questo riconoscimento - commenta Hegel - esprime la superata
scissione del fine etico e dell’effettualità; esprime il ritorno alla disposi­
zione etica, la quale sa che nulla vale se non ciò che è giusto»18.
Più avanti egli parla del «movimento delle potenze etiche l’una con­
tro l’altra, e delle individualità che le pongono nella vita e nell’azione»,
mostrando di considerare Antigone da un lato e Creonte dall’altro come
le individualità che esprimono due potenze etiche opposte, l’una la leg­
ge non scritta e l’altro la legge scritta, le quali sono entrambe unilatera­
li e perciò entrambe destinate a perire, perché il suddetto movimento
«ha raggiunto la sua
vera fin e
solo quando entrambi i lati vanno incon­
tro al medesimo tramonto». «Solo nell’eguale assoggettamento di en­
trambi i lati si consuma e si compie il diritto assoluto, ed è sorta la so­
stanza etica come forza negativa che li inghiotte entrambi; è sorto cioè il
destino
onnipotente e giusto»19.
Più avanti ancora Hegel presenta Antigone come l’espressione della
pietà familiare, che è propria della femminilità, e Creonte come l’espressio­
ne della legge della comunità, che è propria della virilità, o anche rispetti­
vamente come espressione della giovinezza e della maturità. Così scrive:
Il feminino eleva in generale a valore la forza della giovinezza: il figlio in cui
la madre ha partorito il suo signore, il fratello in cui la sorella trova l’uomo co­
me proprio eguale, il giovane, mediante il quale la fanciulla, sottratta alla pro­
pria insufficienza, consegue la gioia e la dignità della sposa. Ma la comunità
può mantenersi soltanto opprimendo questo spirito della singolarità; e, poiché
esso è momento essenziale, la comunità lo produce bensì e precisamente con
l’atteggiamento oppressivo contro di lui, come se fosse un principio ostile20.
Siamo dunque in presenza di un conflitto tra due opposti, Antigone
e Creonte, ciascuno dei quali è unilaterale e rigido tanto quanto l’altro e
che perciò sono destinati entrambi a perire.
Nelle
Lezioni sulla storia della filosofia
Hegel accosta Antigone a So­
crate, presentando entrambi come espressioni della soggettività, della
18 Ivi, voi. II, p. 29. Il verso sofocleo è riportato nella traduzione di de Negri, mentre il
testo di I legel dice: «weil wir leiden, anerkennen wir, dass wir gefehlt», cioè «perché soffria­
mo, noi riconosciamo di aver peccato».
19 Ivi, p. 30, corsivi nel testo.
20 Ivi, pp. 33-34.
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