TRAGEDIA E FILOSOFIA IN ARISTOTELE
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ma al contempo presenta il suo opposto come «lo Stato», nel quale, co­
me sappiamo, egli identifica l’espressione ultima e suprema dell’eticità.
La pietà in una delle espressioni più elevate di essa,
néì'Antigone
sofo­
clea, è citata a preferenza come legge muliebre, ed è mostrata come legge
della sostanzialità sensitiva soggettiva, dell’interiorità che non consegue an­
cora la sua completa realizzazione, come la legge degli antichi Dei, degli in­
feri, come legge eterna, di cui nessuno sa donde essa apparve [nuova eco dei
versi citati da Aristotele], e in antitesi di fronte alla legge rivelata [cioè scrit­
ta], di fronte alla legge dello Stato; antitesi che è la più altamente etica e,
quindi, la più altamente tragica, e nella quale sono individualizzati insieme
la femminilità e la virilità24.
Richiamandosi alla
Fenomenologia,
Hegel sembra pensare di non aver
mutato avviso, ma è difficile considerare ora lo Stato semplicemente co­
me uno dei due opposti, anziché la loro sintesi.
Hegel, insomma, pur dando l’impressione di avere presente l’inter­
pretazione di Aristotele, non sembra condividere il suo schierarsi dalla
parte di Antigone, uno schierarsi che sorge spontaneo in qualsiasi letto­
re della tragedia e che esprime quindi il punto di vista di Sofocle. Inve­
ce, pur simpatizzando per Antigone dal punto di vista umano, e forse
estetico, Hegel la pone al massimo sullo stesso piano di Creonte, come
espressione unilaterale e rigida di uno dei due opposti, quando non sem­
bra addirittura schierarsi per quest’ultimo, in quanto rappresentante del­
lo Stato. Anche il suo citare ripetutamente il presunto pentimento di An­
tigone è, in fondo, una forzatura, come è stato rilevato25, non tanto per­
ché egli trascuri il verso precedente al «soffrendo riconosciamo di aver
mancato», cioè «se questo è bello dinanzi agli dèi», verso che in realtà
egli cita - non nella
Fenomenologia,
ma nelle
Lezioni sulla storia della f i ­
losofia -
, quanto perché non tiene conto del carattere condizionale che
questa protasi conferisce all’apodosi, per cui in sostanza Antigone non
si pente, ma rimane fedele alla sua posizione.
Un’altra interpretazione
àe\YAntigone
in cui si manifesta l’influenza
di Aristotele è quella di Martha Nussbaum, la quale sulle prime sembra
dare ragione a Hegel, presentando Antigone e Creonte come l’espres­
sione di due opposti entrambi unilaterali, tra i quali Hegel affermereb­
be la necessita di una conciliazione, cioè di una sintesi26. Ma in seguito
24 Id.,
Lineamenti di filosofia del diritto,
tr. it. Bari, 1965, pp. 156-157.
25 Cfr.
F
errini
,
op. cit.,
p p. 2 3 5 -2 )6 .
26 M. C.
NUSSBAUM,
La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia
greca,
tr. it. Bologna, 1996, pp. 151-156.
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