TRAGEDIA E FILOSOFIA IN ARISTOTELE
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giungere un fine buono, cioè l’incapacità di riconoscere la volontà della
polis,
il voler governare da solo. Di questo peccato deve pentirsi solo
Creonte, mentre Antigone non ha nulla di cui pentirsi, e la sua rigidità
non è un vizio, cioè non è affatto mancanza di
phronèsis,
perché questa
virtù, secondo Aristotele, può essere flessibile nella scelta dei mezzi, ma
non può transigere nella scelta del fine, che deve essere assolutamente
buono, altrimenti essa decade a semplice astuzia (
d einotès
)32. E il fine
buono, si deve supporre, è quello indicato dalle «leggi non scritte», le
quali fanno parte, come quelle scritte, del «giusto politico». Anzi le ec­
cezioni che la
phronèsis
consiglia, grazie alla sua flessibilità, sono ecce­
zioni alle leggi scritte proprio in nome delle leggi non scritte.
L’influenza dell’interpretazione aristotelica dell
’Antigone
si manife­
sta infine in Paul Ricoeur. Questi è infatti d ’accordo con Nussbaum nel
sottolineare, contro Hegel, la necessità e l ’insuperabilità del conflitto tra­
gico nella vita morale, pur osservando che di ciò probabilmente si era re­
so conto anche Hegel. Ma Ricoeur si schiera senz’altro dalla parte di An­
tigone, osservando anch’egli che lo stesso Hegel ripete due volte i versi
citati da Aristotele sull’eternità delle leggi non scritte, e dichiarando che
col richiamo ad esse Antigone ha denunciato « il carattere umano, trop­
po umano, di ogni istituzione»33.
Ma l’originalità dell’interpretazione di Ricoeur è un’altra e consiste
nel rilievo da lui dato alla
katharsis
tragica. Questa - secondo Ricoeur -
suscitando le passioni della pietà e del terrore, ma al tempo stesso puri­
ficandole, apre una via non filosofica, ma affettiva, all’apprendimento
della
phronèsis,
inducendo alla meditazione sull’inevitabilità del conflit­
to nella vita morale.
Una delle funzioni della tragedia rispetto all’etica è di creare uno scarto
tra saggezza tragica e saggezza pratica. Rifiutando di portare una ‘soluzione’
ai conflitti che la finzione ha reso insolubili, dopo aver disorientato lo sguar­
do, condanna l’uomo della
praxis
a riorientare l’azione, a proprio rischio e pe­
ricolo, nel senso di una saggezza pratica in situazione che
risponda,
nel mi­
gliore dei modi, alla saggezza tragica. Questa risposta, differita dalla contem­
plazione festiva dello spettacolo, fa della convinzione Tal di là della
katharsis.
E alla domanda: «quale soluzione può apportare ad esso [cioè al con­
flitto] l’azione?», Ricoeur risponde:
nei conflitti suscitati dalla moralità, soltanto un ricorso al fondo etico sul
quale si staglia la morale può suscitare la saggezza del giudizio in situazione.
32 Ivi, 13, 1144 a 24-30.
33 P.
RiCOEUR,
Sé com e un altro
, tr. it. Milano, 1993, pp. 345-349.
1...,53,54,55,56,57,58,59,60,61,62 64,65,66,67,68,69,70,71,72,73,...272