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ENRICO BERTI
sa alla prova la sua saggezza. Nel celeberrimo primo stasimo, quello che
si apre con la dichiarazione che l’uomo è la cosa più mirabile, o terribi
le (
deinoteron
), di tutte, il coro osserva che per mezzo dell’arte, cioè del
la tecnica, egli può fare cose che vanno oltre ogni speranza, ma questa è
solo una parte della saggezza (
sophon ti),
perché talora muove verso il
bene e talora muove verso il male47. Nel dialogo tra le due sorelle, Anti
gone e Ismene, la prima dichiara alla seconda «tu scegliesti di vivere, io
di morire», aggiungendo «tu ritenevi di essere saggia (
phronein
) per gli
uni, io per gli altri»48, dove la saggezza di Ismene consiste nell’obbedire
alle leggi scritte, quella di Antigone nell’obbedire alle leggi non scritte.
Nel secondo stasimo il coro sentenzia: «con saggezza
(sophiai)
da qual
cuno un detto mirabile è stato rivelato: ritenere bene ciò che è male ac
cade a colui, la cui mente
(phrenas)
un dio conduce a rovina»49. L’allu
sione è chiaramente a Creonte, la cui «mente»
(phren)
non conosce la
virtù che dovrebbe appartenerle, cioè la
phronésis.
Alle parole di Emone, che riferisce a Creonte la «voce oscura e silen
ziosa» della città, e che aggiunge «chiunque pensa di essere saggio
(ph
ronein)
lui soltanto, o di avere lingua o mente quale nessun altro, quan
do lo apri, si vede che è vuoto», Creonte altezzosamente risponde: «E
noi, alla nostra età, dovremo proprio imparare la saggezza (
phronein)
da
uno dell’età sua?»50. Ciò che è in gioco, dunque, è proprio la saggezza.
Infatti Creonte continua: «Ti dorrai di insegnare saggezza, tu che di sag
gezza sei vuoto
(klaiòn phrenòseis, ón phrenón autos kenos)»-,
al che Emo
ne replica: «Se tu non fossi mio padre, direi che non ragioni (
s ’ouk euph -
ronein
)»51. Anche Tiresia, l’indovino cieco giunto a Tebe accompagnato
da un fanciullo, apostrofa Creonte dicendo che «saggezza (
euhoulia)
è il
migliore dei beni», e Creonte risponde con presunzione: «altrettanto,
penso, non essere saggi
(m ephronein)
è il massimo danno»; e poiché Ti
resia lo accusa: «d i questo morbo tu sei pieno per natura», Creonte rea
gisce dicendo: «vate sapiente
(sophos)
tu sei, ma ami offendere»52. E il
coro commenta: «occorre tenersi a saggezza
(euhoulias),
o figlio di Me-
neceo»55.
Abbiamo già visto la conclusione: di fronte alla disperazione di
Creonte, che finalmente ammette «ho compreso»
(mathón),
il coro com-
47 Ivi, 365-367.
48 Ivi, 555-557.
49 Ivi, 620-624.
50 Ivi, 707-709,726-727.
51 Ivi, 754-755.
52 Ivi, 1050-1052,1059.
55 Ivi, 1098.