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VANNA GESSA KUROTSCHKA
fa venire alla luce solo ciò che i partner di una discussione già sapevano
e che deve solamente essere pensato meglio11.
Abbiamo ricordato i termini di un dibattito che oggi sembra lonta
no, e forse anche invecchiato, per prendere le distanze con chiarezza dal
la ricezione di Aristotele e, analogamente, dalla ricezione di Vico pro
posta sia da Hennis e Gadamer. Se si ritiene che nella
Scienza nuova
sia
rinvenibile il modello di una scienza aristotelicamente
pratica
del tipo
at
tivo
e non del tipo
produttivo,
ciò non deve significare che la Scienza nuo
va delle incerte cose umane elaborata da Vico abbia il carattere antimo
derno che alla
filosofia pratica
di Aristotele, e parallelamente, alla filoso
fia di Vico hanno attribuito Gadamer e Hennis. E vero che anche Vico
polemizza, come vuole Hennis, con il fatto che nel moderno l’attributo
di scientificità venga assegnato solamente alle scienze dimostrative e,
dunque, con il fatto che si espunga dal novero di ciò che si può cono
scere veritieramente ciò che dipende dall’arbitrio umano, tutto ciò che
è incerto e, in quanto tale, non permette l’utilizzazione del metodo d i
mostrativo. D’altra parte anche Vico, come Aristotele, pensa che il pun
to di partenza di quella scienza che chiama
Scienza nuova
siano le opi
nioni degli uomini e non i principi certi e indubitabili. La questione a cui
trovare una risposta può essere così formulata: se la vichiana
nuova scien
za
aggiorna la
filosofia pratica
di Aristotele e, come la filosofia pratica di
11
La reazione a tale definizione poco attraente della
filosofia pratica
di Aristotele e alla
sua trasposizione moderna ad opera di Vico non ha tardato a farsi sentire. E stato Helmuth
Kuhn a reagire per primo. Kuhn accetta la definizione della dialettica di Hennis. La dialetti
ca opera con premesse non vere ma probabili (
wahr-scheinlich
), e cioè, con opinioni,
endoxa
(Si veda: H.
K
u h n
,
Aristoteles und die Methode der politischen Wissenschgaft,
in «Zeitschrift
fur Politik» XII, 1965, pp. 101-120. Il saggio è stato rielaborato e ripubblicato lo stesso tito
lo prima in
Methoden der Politologie,
hrsg. v. R. H. Schmidt, Darmstadt, 1967, pp. 521-553,
e successivamente in
Rehabilitierung der Praktischen Philosophie,
a cura di M. Riedel, 2 voli.,
Rohmbach, Freiburg, 1973-1974, voi. II, pp. 261-290. Citerò dal testo pubblicato nel 1967).
Dal momento che la
filosofia pratica
ha per oggetto il
probabile
e non il
necessario,
si chiede
Kuhn, la dialettica non potrebbe essere la
logica
specifica della filosofia pratica, come Hennis
ha ipotizzato? La risposta di Kuhn a tale domanda è negativa. Il termine
probabile,
in tedesco
Wahr-scheinlich,
ha due possibili significati. Il primo è quello del termine
probabilitas
e l’altro
è quello del termine
verisimilitudo.
Mentre la
probabilitas
è definita a partire dall’oggetto che
nella sua particolare costituzione impedisce deduzioni apodittiche, perché la regolarità che
opera in esso ha un carattere che è quello del
per lo più,
la
verisimilitudo
è definita a partire
dal soggetto che conosce, le cui opinioni non sono vere ma solo
simili al vero,
e questo è il ca
so degli
endoxa.
A partire da tale distinzione Kuhn fa notare che la probabilità nel senso de
gli
endoxa
non è compatibile con la scienza. «Inquadrare la politica e con essa l’etica - dice
Kuhn - nell’ambito della
dialettica
significa, dunque, negare a tale scienza, che Aristotele in
quanto
conoscenza pratica
ha ordinato sistematicamente nell’ambito della
filosofia prima
[...],
l’attributo della scientificità» (si veda:
W . HENNIS,
Methoden der Politologie,
cit., p. 531). Ma
ciò in riferimento ad Aristotele è, secondo Kuhn, evidentemente assurdo.