IL SAPERE. LA NORMA, LA POESIA
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sciò troppo altamente impressa l ’oppenione che fusse egli fornito di su­
blime sapienza riposta»25, Vico si pone il problema se Omero «mai fus­
se filosofo»24. La risposta che Vico dà a tale questione è che Omero non
è stato filosofo perché le storie che ha raccontato contengono «costu­
mi rozzi, villani, feroci, fieri, mobili, irragionevoli o irragionevolmente
ostinati, leggieri e sciocchi» tali che «non possono essere che d ’uomi­
ni per debolezza di menti quasi fanciulli, per robustezza di fantasie co­
me di femmine, per bollore di passioni come di violentissimi giovani»25.
Il contenuto delle storie narrate da Omero non è, dunque, per Vico,
diversamente da come Platone ci ha indotto a pensare, il
sapere ripo­
sto2(\
Nel negare che il contenuto della poesia omerica sia il
sapere riposto,
il sapere filosofico, Vico non intende però negare che la poesia omeri­
ca abbia un contenuto fornito di valore cognitivo. E vero piuttosto il
contrario. E se la polemica antiplatonica serve a Vico per affermare che
il contenuto del
sapere p oetico
non è il
sapere riposto,
è il rapporto po­
sitivo che Vico instaura con Aristotele ad essere utilizzato dal filosofo
napoletano per ridefinire sinteticamente i caratteri più rilevanti del
sa­
p ere
a cui la poesia di Omero permette di accedere e, in generale, del
sapere poetico.
Nel terzo libro della
Scienza nuova,
attraverso un con­
fronto filosofico attento con la filosofia di Aristotele, Vico ripercorre
sinteticamente la articolata teoria contenuta nel secondo libro della sua
opera, il capitolo di gran lunga più lungo e, certo, il più difficile, dedi­
cato al
Sapere poetico.
Che la poesia abbia un significato sapienziale, che
sia, dunque, vero sapere, che il sapere incapsulato nella poesia abbia un
carattere eminentemente
pratico
e
normativo
al quale si accede non con
mente pura, ma attraverso il sentimento e la passione e che tale moda­
lità di accesso al sapere abbia un significato antropologicamente e on­
tologicamente costitutivo, sono gli
aspetti
del
sapere p oetico
che Vico
espone nel terzo libro della
Scienza nuova,
rendendo in tal modo di nuo­
vo vivi e attuali i nessi fra poesia, etica e psicologia che avevano carat­
terizzato la riflessione filosofica di Aristotele.
23
Sn44,
capov. 780, p. 811.
24
Ibid.
25 Ivi, capov. 787, p. 815.
26 A questo proposito Battistini afferma che «Platone offre numerose interpretazioni al­
legoriche dei miti omerici, per cui egli, pur elevando riserve sulla lezione morale e pedagogi­
ca che si può trarre da Iliade e Odissea, accreditò l’immagine di un poeta cantore di profon­
de verità filosofiche» (A.
BATTISTINI,
Note,
in G.
VICO,
Opere,
cit., voi. II, p. 1689). Di Batti­
stini si veda anche:
Vico tra antichi e moderni,
Bologna, 2004, in partic. pp. 175-201.
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