UNA NATURA
SECUM IPSA DISCORS
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D’altra parte - e qui è Leibniz che parla
giudico, senza prova, con la semplice percezione o esperienza, che esi
stono le cose delle quali sono cosciente in me stesso; anzitutto, che penso
molte cose e poi quegli stessi diversi fenomeni o apparenze esistono nella
mia mente. Infatti queste due cose, immediatamente percepite dalla mente
senza intervento di altro, possono essere provate ed
è
altrettanto certo che
esiste nella mia mente l’immagine di un monte d’oro o di un centauro quan
do li sogno, quanto
è
certo che esisto io che sogno. Infatti l’una cosa e l’al
tra sono comprese in questo, che
è
certo che il centauro mi appare6.
Nel momento in cui la forma straordinaria entra nella sfera percetti
va del soggetto rivendica un diritto di esistenza, almeno soltanto nella d i
mensione dell’interiorità del soggetto conoscente: dai rischi dell’esten
sione di questa esistenza dal piano del possibile al piano del necessario
o del reale si guarderà con prudenza e oculatezza tutto il pensiero mo
derno. Nel senso che non commettiamo errore di comprensione quan
do entriamo nello spazio dell’immaginazione, ma solo quando conferia
mo a questo spazio un valore di esistenza effettiva, cioè quando scam
biamo fra di loro i concetti di
notio
e di
idea.
Quello che entra in crisi è la constatazione che attraverso le idee non
sia possibile dimostrare che gli oggetti materiali esistono e che se ne può
conoscere la natura. Si verifica così una distinzione tra somiglianza per
natura e somiglianza per rappresentazione, oggetto di discussione della
scolastica: la rappresentazione diventa una sorta di delega conoscitiva,
che salva e rinnova il principio della somiglianza.
Se 0 soggetto riuscisse a guardare l’immagine chimerica facendosi lu
ce anche con il lume dell’intelletto la fronteggerebbe senza timori di in
correre in errore, la classificherebbe semplicemente come una fra le tan
te idee possibili; ma se associasse ad essa l’idea dell’effettiva esistenza ne
farebbe un’idea chimerica, quella che con errore ci induce a concepire
centauri ed ippogrifi'.Come si può verificare allora che commettiamo er
rore quando riusciamo a concepire - cioè riteniamo possibile - l’idea di
un centauro o di un ippogrifo? Perché utilizziamo esclusivamente l’im
maginazione, che ci fa scambiare per concepibili - e perciò possibili - co
se che non lo sono, e ci fa attribuire loro un carattere di compossibilità,
cioè di esistenza effettiva, scambiando
notio
e idea,
concipere
e
percipere.
6 G.
W . L
eibniz
,
De modo distinguendi phaenomena realia ab imaginariis
, in Id.,
Scrittifi
losofici,
a cura di D. O. Bianca, Torino, 1979, p. 715;
DiephilosophischenSchriften,
hrsg. v. C.
Gerhardt, Hildesheim-New York, 1978, voi. VII, p. 319.
7 Cfr. G.
W . LEIBNIZ,
Nouveaux essais sur l’entendement
, in Id.,
Scrittifilosofici,
cit., voi.
II, p. 390;
GS,
voi. V, p. 247.