UNA NATURA
SECUM IPSA DISCORS
87
D’altra parte - e qui è Leibniz che parla
giudico, senza prova, con la semplice percezione o esperienza, che esi­
stono le cose delle quali sono cosciente in me stesso; anzitutto, che penso
molte cose e poi quegli stessi diversi fenomeni o apparenze esistono nella
mia mente. Infatti queste due cose, immediatamente percepite dalla mente
senza intervento di altro, possono essere provate ed
è
altrettanto certo che
esiste nella mia mente l’immagine di un monte d’oro o di un centauro quan­
do li sogno, quanto
è
certo che esisto io che sogno. Infatti l’una cosa e l’al­
tra sono comprese in questo, che
è
certo che il centauro mi appare6.
Nel momento in cui la forma straordinaria entra nella sfera percetti­
va del soggetto rivendica un diritto di esistenza, almeno soltanto nella d i­
mensione dell’interiorità del soggetto conoscente: dai rischi dell’esten­
sione di questa esistenza dal piano del possibile al piano del necessario
o del reale si guarderà con prudenza e oculatezza tutto il pensiero mo­
derno. Nel senso che non commettiamo errore di comprensione quan­
do entriamo nello spazio dell’immaginazione, ma solo quando conferia­
mo a questo spazio un valore di esistenza effettiva, cioè quando scam­
biamo fra di loro i concetti di
notio
e di
idea.
Quello che entra in crisi è la constatazione che attraverso le idee non
sia possibile dimostrare che gli oggetti materiali esistono e che se ne può
conoscere la natura. Si verifica così una distinzione tra somiglianza per
natura e somiglianza per rappresentazione, oggetto di discussione della
scolastica: la rappresentazione diventa una sorta di delega conoscitiva,
che salva e rinnova il principio della somiglianza.
Se 0 soggetto riuscisse a guardare l’immagine chimerica facendosi lu­
ce anche con il lume dell’intelletto la fronteggerebbe senza timori di in­
correre in errore, la classificherebbe semplicemente come una fra le tan­
te idee possibili; ma se associasse ad essa l’idea dell’effettiva esistenza ne
farebbe un’idea chimerica, quella che con errore ci induce a concepire
centauri ed ippogrifi'.Come si può verificare allora che commettiamo er­
rore quando riusciamo a concepire - cioè riteniamo possibile - l’idea di
un centauro o di un ippogrifo? Perché utilizziamo esclusivamente l’im­
maginazione, che ci fa scambiare per concepibili - e perciò possibili - co­
se che non lo sono, e ci fa attribuire loro un carattere di compossibilità,
cioè di esistenza effettiva, scambiando
notio
e idea,
concipere
e
percipere.
6 G.
W . L
eibniz
,
De modo distinguendi phaenomena realia ab imaginariis
, in Id.,
Scrittifi­
losofici,
a cura di D. O. Bianca, Torino, 1979, p. 715;
DiephilosophischenSchriften,
hrsg. v. C.
Gerhardt, Hildesheim-New York, 1978, voi. VII, p. 319.
7 Cfr. G.
W . LEIBNIZ,
Nouveaux essais sur l’entendement
, in Id.,
Scrittifilosofici,
cit., voi.
II, p. 390;
GS,
voi. V, p. 247.
1...,77,78,79,80,81,82,83,84,85,86 88,89,90,91,92,93,94,95,96,97,...272