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MANUELA SANNA
L’ideazione del centauro, dell’ippogrifo parte da un elemento real­
mente esistente in natura, ma inequivocabilmente commisto con un al­
tro elemento falso: figure nuove, modellate su dati reali, ma contraffatte
da un’operazione fantastica che produce la figura nuova finale. E che ri­
chiede anche buon uso della memoria, perché può essere elaborata solo
su risorse interne già esperite, già vissute, tutto sommato già viste. Vico
riprende il
De oratore
ciceroniano per rafforzare questa tesi della me­
tafora della contaminazione: non si tratta di falso in quanto tale, cioè di
una cosa opposta alla verità,
come l’acutezza riguarda ciò che apparentemente sembrava diverso ma
che viene riconosciuto uguale nella sostanza, e cioè una verità che si na­
scondeva sotto l’apparenza del falso, così l’arguzia riguarda ciò che sembrava
uguale ma che poi si rivela nella sostanza diversa, cioè qualcosa di falso che
si arrogava una qualche parvenza di verità14.
Gli
arguta dieta
sono prodotto di ingegno fuorviarne e deviato in una
direzione scorretta:
le arguzie
(arguta dieta
) sono il prodotto di una fantasia debole e fiacca,
la quale pone in relazione soltanto i puri termini con cui designiamo le co­
se o collega gli uni agli altri soltanto gli aspetti superficiali - e nemmeno tut­
ti - delle cose, oppure con termini assurdi ed impropri offusca la mente che
non se li aspettava, ed essa resta delusa e frustrata nella sua aspettazione di
qualcosa di sensato e di giusto15.
A ll’interno di questa dimensione Vico in fondo discute, in armonia
con il dibattito moderno, sulla collocazione di una natura umana lace­
rata dalla sua connotazione divina e insieme dalla sua contaminazione
bestiale. E 1
'ingenium
anche in Vico, così come nel modello ciceronia­
no, mostra a ll’uomo la sua matrice tipicamente divina: l’intelletto del­
l ’uomo vede le cose tutte insieme, ma non può, proprio perché non è
intelletto divino, conoscerle insieme: è l ’ingegno a compiere quest’ope­
razione, avvicinandosi al conoscere della divinità, cioè mettendo insie­
me le parti e sperimentando i possibili reciproci rapporti. È grazie al­
l’ingegno che l ’uomo riesce a conoscere quel che semplicemente vede.
Così, nel
De m en te heroica
, il tentativo di far discendere la natura uma­
na da quella divina si realizza nella descrizione della figura eroica, che
si trova a metà tra la natura umana e quella divina: l ’eroe è colui che co-
14 G.
Vico,
Vici vindiciae,
in
Varia. Il ‘De mente heroica’ e gli scritti latini minori,
a cura
di G. G.Visconti, Napoli, 1996, p. 69.
15 Ivi, p. 63.
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