FABRIZIO LOMONACO
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moderno tocca da vicino le posizioni del Piovani filosofo del diritto,
convinto che rivendicare con Mondolfo la «priorità tutta
sociale
del-
l’idea di legge» e separarla da quell’«unità in cui la grecità […] l’ha in-
serita», significa sottrarre al diritto quell’ampliamento che gli è neces-
sario, perché lo mette in relazione alla «vita tutta». È quanto, del resto,
confermano i contributi di Jaeger alla comprensione della dissoluzione
dell’antico ordine cosmologico, della complicata transizione dal
diritto
naturale
classico ai
diritti naturali
moderni, nonché della relazione tra
«l’idea della legge e la legge come idea» che pone la questione dell’
uni-
versalità
del diritto. Per tutto ciò, la riflessione dell’autore di
Paideia
,
concentratasi sulla «problematica iniziale» della filosofia giuridica, non
è mai un’esercitazione erudita, perché è già la «problematica» di que-
sta filosofia, non immemore della lezione moderna di Vico e della sua
Degnità
XIV, la stessa evocata da Mondolfo e riproposta da Piovani
con diversa intenzione teorica, laddove si osserva che si hanno «diffe-
renti concezioni della natura della filosofia giuridica se si hanno diffe-
renti concezioni del suo ‘nascimento’»
6
.
6
P. P
IOVANI
,
Una critica di Rodolfo Mondolfo a Werner Jaeger e le origini della filo-
sofia del diritto
[1957], poi in I
D
.,
La filosofia del diritto come scienza filosofica
, Milano,
1963, pp. 412, 407, 409, 410, 412, 413. In una lettera del giugno 1957, dopo aver
espresso particolare gratitudine non formale all’interlocutore napoletano, Mondolfo
non esitava a respingere alcune conclusioni dello scritto del 1957: «[…] Il mio dissen-
so non riguarda l’esigenza da Lei affermata per la fondazione di una filosofia giuridica,
cioè l’essenzialità della relazione fra la giustizia e l’essere, che io non intendo affatto
oppugnare, bensì l’antitesi da Lei vista fra la posizione mia e quella di Jaeger. […]
Non credo che la vicinanza sia tolta dalla mia rivendicazione della priorità cronologica
della riflessione greca sulle cose umane rispetto a quella sulle cose della natura: anche
Jaeger parla ‘del processo di proiezione della polis nell’universo’ e ‘dell’ordine dell’esi-
stenza umana come chiave per l’interpretazione della
φ
υ
é
σι
ς
’; il che
implica
l’anterio-
rità della scoperta fatta nel campo umano rispetto alla sua applicazione nella sfera co-
smica. Ma con ciò io non intendo dire che nella stessa fase anteriore al sorgere della fi-
losofia presocratica, quando la saggezza greca segue il precetto che l’uomo debba pen-
sare a cose umane, sia negato il rapporto della giustizia e del diritto con la natura uni-
versale. Ho parlato di una
concezione etico-religiosa
del mondo umano, da cui deriva la
concezione etico-religiosa della natura. Ora la concezione etico-religiosa implica ap-
punto l’universalità dei principî e delle leggi che dominano il mondo umano, in quan-
to sono leggi divine, che quindi (implicitamente) son leggi dell’universo. Ma la prima
scoperta loro si compie secondo me (e direi
anche secondo Jaeger
) nel mondo umano –
pur con il sentimento della loro universalità – perché il mondo umano è il più imme-
diato oggetto della riflessione preparatrice della filosofia, la quale poi rende esplicita
l’universalità prima implicita, proiettando nel cosmo i concetti raggiunti dall’anteriore
riflessione morale. Con la opposizione sofistica di
nomos
e
physis
l’unità anteriore si
1...,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11 13,14,15,16,17,18,19,20,21,22,...244