EMILIO SERGIO
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sia non solo la pura e generica attestazione che di quella ‘massima’
Vico avesse avuto notizia già molto tempo prima; bensì l’esigenza, da
parte di Vico, di
comunicare
che la sua conoscenza, almeno degli aspet-
ti della vita di Hobbes, derivasse
da fonte diretta
, ossia da una prima,
antica lettura della
Vita
del 1682. Per quanto suggestiva, questa ipotesi
non era più certa della prima. Il passo vichiano si era trasformato in un
vero ‘nodo gordiano’.
Mentre, da una parte, la presenza di almeno tre opere hobbesiane
nella libreria di Valletta forniva un elemento documentario che poteva
ben accordarsi con l’ipotesi di una lettura diretta; dall’altra, sia l’ipote-
si di una lettura indiretta, sia quella di una trasmissione orale continua-
vano ad essere sostenibili; anzi, proprio dai risultati della presente ri-
cerca ricevevano una più ampia giustificazione. Certamente, rispetto
alle prime acquisizioni della filologia nicoliniana, la possibilità di una
lettura diretta di Hobbes da parte di Vico diventava una prospettiva
pensabile
, se non altro più degna di considerazione, rispetto alle argo-
mentazioni date in passato.
7.
Dalla
Scienza nuova prima
(1725) alla
Scienza nuova
(1744)
. Al
termine di questo
excursus
, c’è un ultimo, importante dato che confer-
ma come, al di là della questione delle fonti, l’attenzione (se non la
preoccupazione) vichiana per Hobbes, almeno fino al 1735-37, dovette
essere alta; questo dato viene dal confronto del numero di volte in cui
Hobbes è citato nell’edizione 1725 della
Scienza nuova prima
, in quella
del 1730, e nell’ultima del 1744.
Nell’edizione 1725 Hobbes è citato 23 volte. Questo numero dimi-
nuisce nettamente nell’edizione del 1730, dove il nome di Hobbes
compare solo cinque volte, e diminuisce ancora nell’edizione del 1744,
dove «
Obbes
» compare solo quattro volte. A questo dato si aggiunge
che la decrescita di Hobbes nell’indice dei nomi non stravolge il senso
del ruolo assunto, nel sistema vichiano, dalla prospettiva etico-antro-
pologica di Hobbes.
Beninteso, la semplice registrazione ‘statistica’ della scomparsa ‘no-
minale’ di Hobbes nelle riedizioni del 1730 e del 1744, proprio perché
non implica la sua ‘cancellazione’ come bersaglio polemico dall’intelaia-
tura concettuale della
Scienza nuova
, non sarebbe di aiuto, né avrebbe
senso, se non tentassimo di metterla in relazione con il ‘livello’ – finora
debitamente evitato – delle intenzioni ‘oggettive’ di Vico, e delle reali
differenze esistenti fra i due autori. Si tratta in altri termini di un caso
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