PIERPAOLO CICCARELLI
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1730 tra due docenti dello Studio pisano, Guido Grandi e Bernardo
Tanucci. Al centro della polemica stava una questione «erudita», già
celebre nel secolo XVI, che aveva però un risvolto squisitamente «po-
litico»: la questione delle origini delle Pandette. Una questione politica
perché, osserva Lomonaco, impegnò gli storici e i giuristi italiani «ad
indagare sul fondamento della validità storica dello
ius
romano, a porre
criticamente il problema della sua continuità d’uso nell’età del diritto
comune, ancora vigente, entro certi limiti in Occidente e al centro del
moderno dibattito sulla questione feudale»
9
. Già in queste prime battute
del libro emerge il doppio livello, ‘filosofico’ (ossia ‘etico-politico’) e ‘fi-
lologico’, dei problemi indagati da Lomonaco: parlare del «fondamento
di validità» (problema filosofico o giuridico-sistematico) non è cosa di-
versa dal parlare dell’«origine storica» del diritto giustinianeo (proble-
ma filologico o giuridico-storico). Problema della genesi e problema
dell’origine sono dunque livelli diversi del medesimo discorso.
La continuità d’uso e di applicazione del diritto giustinianeo era so-
stenuta da Grandi in base all’ipotesi dell’origine greca del codice giu-
stinianeo, che sarebbe «giunto a Pisa da Bologna (su iniziativa del giu-
rista Bulgaro) o, con maggior verosimiglianza, da Costantinopoli per
opera di Burgundio»
10
. Grandi criticava con ciò la tesi sostenuta dal
giurista olandese Henrik Brenkman nella
Historia Pandectarum seu
Fatum Exemplaris Florentini
(1722) secondo cui la
Lettera Florentina
del
Digesto
aveva origine amalfitana e non era stata donata ai Pisani,
come voleva la tradizione, da Lotario II. Inaccettabile era, per Grandi,
la conseguenza che ne derivava, ossia che fino alla seconda metà del
Duecento i Pisani avrebbero ignorato l’opera giustinianea. Nel 1728
Tanucci, chiamato polemicamente in causa, benché in maniera indiret-
ta, da Grandi, prese le difese di Brenkman. È appunto in questa circo-
stanza che Tanucci richiamò la tesi sull’origine del diritto romano che
Vico aveva abbozzato nel
De constantia
(1721) e svolto nella prima
edizione nella cosiddetta
Scienza nuova prima
(1725).
Secondo la tesi
vichiana, come noto, il diritto delle XII Tavole non può essere spiegato
nel modo in cui un’autorevole tradizione risalente a Livio e Dionisio di
Alicarnasso aveva fatto, narrando cioè del viaggio in Grecia compiuto
nel 454 a. C. da Postumio, Manlio e Sulpicio allo scopo di raccogliere
9
Tracce di Vico…
, cit., p. 3.
10
Ivi, p. 6.
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