PIERPAOLO CICCARELLI
152
per capire Vico, ma anche per intendere le ragioni del dissenso di
Mazzarino da Vico. Mazzarino mette acutamente in rilievo che, so-
prattutto nell’ultima
Scienza nuova
, la ricerca storico-critica è logica-
mente dipendente dal metodo geometrico. Ed è appunto questa di-
pendenza dell’indagine empirica dalla concezione evolutiva rettilinea
che fa di Vico il «padre di ogni moderna ricerca critica di storia roma-
na». Al proposito, Mazzarino è chiarissimo: la «serie degli umani desi-
dèri» in Vico, così come lo «stetiges Vorschreiten», l’«avanzamento
costante» che fa da sfondo alla ricostruzione di Mommsen della tra-
sformazione dei clienti in plebei-cittadini, nonché la supposizione da
parte di Pais di fasi culturali eterogenee, delineano un «
presupposto
apriori
»
31
. È tale
apriori
a rendere possibile l’indagine storico-empirica,
dunque il confronto delle fonti, l’individuazione di tradizioni diverse e
contrastanti, la ricostruzione di quello che non ci è pervenuto, tutto
quanto appartiene, insomma, a una storiografia di carattere scientifico.
Senonché, il dissenso di Mazzarino verte proprio su questo «presup-
posto a priori», ossia sull’orizzonte geometrico di evoluzione rettilinea
che Vico ha avuto il merito di aprire. Sin dalla prefazione ai saggi vi-
chiani, infatti, Mazzarino segnala di aver pubblicato «un libro» (si
tratta naturalmente di
Dalla monarchia allo stato repubblicano
[1945]),
nel quale aveva cercato di «mostrare, tra l’altro, che la magistratura re-
pubblicana (e in qualche caso, anche la collegialità repubblicana) sorse
in taluni stati italico-etruschi, già a mezzo il VI secolo a. C. […] e che
ciò si connetteva con una rivoluzione di plebei abbienti d’intorno a
quell’epoca, oscura età ‘serviana’»
32
. Ciò lo aveva condotto a una «im-
magine della storia romana arcaica […] tutt’altro che lineare» e tutta-
via – osserva ancora Mazzarino – «la ragione, tendenzialmente geome-
trica, si rifiutava […] di riconoscere una sì diseguale vicenda di alti e
bassi; la serie dei fatti, quanto più ci è lontana, tanto più tende a pre-
sentarsi, almeno entro certi limiti, lineare e ordinata, secondo una
‘serie’ progressiva di ‘umani desideri’»
33
. Il rilievo autobiografico nella
Prefazione
non è casuale e, soprattutto, non è semplicemente autobio-
grafico. Nel corso del libro, infatti, Mazzarino viene sempre meglio
precisando che quella «immagine non lineare della storia romana» che
egli aveva delineato nel 1945, è il sintomo di una rottura di continuità
nella storia della storiografia romana: «in noi si è fatta sempre più viva
31
Ivi, p. 74, corsivo nostro.
32
I
D
.,
Vico, l’annalistica e il diritto
, cit., p. 5.
33
Ibid
.