STORICITÀDELDIRITTO
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tolo conclusivo che verrà poi espunto nella
Scienza nuova terza
48
. Al
proposito, il passo della
Scienza nuova prima
che abbiamo appena cita-
to sollecita una considerazione. È evidente che la virtù terapeutica che
qui Vico attribuisce a quella «scienza nuova» in grado di «meditare»
sopra «certi princìpi dell’umanità delle nazioni, dalla quale sono uscite
tutte le scienze, tutte le discipline e le arti» implica una netta separa-
zione tra la «scienza nuova» e tutte le altre scienze o discipline o arti.
Le scienze, discipline o arti, infatti, sono per Vico fattori di decadenza.
È, questo, un motivo che rimane pressoché costante in tutta l’evoluzio-
ne dell’opera vichiana. Dalla individuazione della
iurisprudentia
im-
periale quale
causa potissima
della fine dell’Impero romano nell’undi-
cesimo capitolo del
De ratione
,
fino alla
Conchiusione
della
Scienza
nuova terza
relativa alle «malnate sottigliezze degl’ingegni maliziosi»
che, conducendo alla «barbarie della riflessione», preludono al «ri-
corso», Vico giudica il sorgere delle scienze e, in particolare, la scienti-
ficizzazione del diritto un fattore di disgregazione della coesione poli-
tico-sociale
49
. Un giudizio che non discende, come si potrebbe troppo
sbrigativamente ritenere, da misoneismo, avversione nei confronti del-
la scienza, sfiducia nella razionalità ecc. Discende bensì dallo specifico
modo in cui Vico concepisce la genesi dell’universo politico-giuridico,
ossia – per prendere a prestito qui una felice formulazione di Lomo-
naco – come una «convergenza di
fatti
e
princìpi
». Le scienze, discipli-
ne o arti sono per Vico fattori di decadenza perché rendono ‘divergen-
te’ quello che, invece, nello stato di perfezione dell’umanità è ‘conver-
gente’: il rapporto tra fatti e princìpi. La novità della scienza nuova,
quello cioè che la rende intrinsecamente diversa da tutte le altre scien-
ze, discipline o arti, è dunque la capacità di essere una scienza e, tutta-
via, di mantenere fatti e princìpi in un rapporto di convergenza. Di qui
la virtù terapeutica che Vico le attribuisce nel passo appena citato.
Rimane tuttavia una difficoltà, la cui consapevolezza da parte di
Vico ci sembra che emerga, per così dire, ‘sintomaticamente’ dal fatto
48
La questione è stata discussa, oltre che da Croce, da M. H. F
ISCH
,
Vico’s pratica
,
e A. P
ONS
,
Prudence and Providence: The
Pratica della Scienza nuova
and the Problem
of Theory and Practice in Vico
, entrambi in
Giambattista Vico’s Science of Humanity
, a
cura di G. Tagliacozzo – D. Ph. Verene, Baltimore-London, 1976, pp. 423-448. Cfr.,
inoltre A.
P
ONS
,
Da Vico a Michelet
, cit., cap. III («Vico: dalla prudenza alla prov-
videnza»), pp. 69 sgg.
49
Cfr.
De nostri temporis studiorum ratione
, in G. V
ICO
,
Opere
, cit., vol. I, cap. XI,
pp. 158 sgg. e
Sn44
, vol. I, pp. 961 sgg.