SCIENZA E FILOSOFIA DELLA NATURA
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epistemologiche sollevate dal dibattito storiografico, tutt’altro che con-
cluso, sulla microscopia settecentesca
40
, ci premeva qui sottolineare il
carattere sperimentale degli studi botanici di Cirillo. Un dato non
trascurabile, tenuto conto che dalla biologia delle piante, com’è noto,
Cirillo traeva non pochi spunti per l’abbozzo di filosofia della natura,
esposta nei
Discorsi accademici
, e sulla quale ha richiamato l’attenzione
Vincenzo Ferrone. Secondo questi, dalle riflessioni del Cirillo sulla
grande catena dell’essere, sul trasformismo delle specie, sull’origine
della vita, emerge un’immagine della natura che, se pure tracciata sulla
scorta dei «risultati delle moderne ricerche scientifiche sulla funzione
clorofilliana, sul rapporto tra la luce del sole e la vita delle piante, sui
fenomeni elettrici e della generazione animale»
41
, nella sostanza rispec-
chierebbe uno stile di pensiero neonaturalista e panteista, d’ascen-
denza ermetico-rinascimentale. Una vera e propria ideologia egemone
tra gli scienziati non meno che nei circoli illuministici e massonici, se-
gno evidente della definitiva crisi del meccanicismo a Napoli al tra-
monto dei Lumi
42
. Per parte nostra, queste brevi e cursorie annota-
40
Sull’importanza degli aspetti tecnici legati alle osservazioni microscopiche dei
protagonisti della controversia settecentesca sulla generazione spontanea ha insistito
S
TEFANI
(
op. cit.
, pp. 186-199).
41
V. F
ERRONE
,
I profeti dell’Illuminismo, Le metamorfosi della ragione nel tardo
Settecento italiano
, Roma-Bari, Laterza, 1989, p. 253.
42
Nel considerare l’influsso dell’idea della «grande catena dell’Essere» sulla biolo-
gia settecentesca, Arthur Lovejoy sottolineava l’esistenza di due grandi correnti di pen-
siero sul problema della continuità/discontinuità naturale: «la prima incline alle divi-
sioni nette, alle chiare differenziazioni, tra gli oggetti naturali e specialmente fra gli es-
seri viventi. La preoccupazione prima degli studiosi del mondo organico fu una classi-
ficazione degli animali e delle piante secondo specie ben definite, presumibilmente
(dato il forte influsso che continuava ad avere il dualismo platonico delle sfere dell’es-
sere) corrispondenti alla distinzione delle idee eterne. La seconda tendenza di pensiero
portava a fare dell’intera nozione di specie una fondazione comoda ma artificiosa di
divisioni che non avevano alcuna corrispondenza nella natura» (A. O. L
OVEJOY
,
La
Grande Catena dell’Essere
, tr. it. Milano, 1981, pp. 245-246). Il fissismo di Linneo e
dei suoi seguaci, Cirillo compreso, spingerebbe, nella prospettiva del Lovejoy, ad an-
noverarli tra i sostenitori della discontinuità dei tre regni della natura; ma, come ha os-
servato Barsanti nel suo approfondito studio sulle articolazioni sette-ottocentesche
dell’idea di ‘catena dell’essere’, «l’immagine della mappa e la classificazione topogra-
fica di Linneo, erano rispetto all’immagine della scala verticale o della catena unilinea-
re, ancora più efficaci nel mostrare le affinità esistenti fra tutti i corpi e quindi il
conti-
nuum
della natura» (G. B
ARSANTI
,
La scala, la mappa, l’albero. Immagini e classifica-
zioni della natura fra Sei e Ottocento
, Firenze, 1992, p. 138).