RECENSIONI
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Capace, appunto, di ricondurre a ‘logica’, di rinviare a ‘norma di scienza’, la
dinamica dell’
aiuto ordinario
. Quell’aiuto che, per la via della stessa ‘peccami-
nosa’ curiosità, spinge l’uomo dal
bruto
alla
virtù
/
conoscenza
» (pp. 39-40).
Così la
Scienza nuova
si ridefinisce rispetto al piano dell’ortodossia, enfatiz-
zando la trasposizione dell’
aiuto ordinario
di Dio nell’esperienza storica e col-
lettiva delle
nazioni
. Lo attestano le complicate scomposizioni che alimentano
le riflessioni maturate nelle tre distinte edizioni dell’
opus maius
. Con fine sen-
sibilità critico-filologica Caporali le seleziona, trattando del «fabbro», meta-
fora dell’arbitrio umano, scomparsa nell’edizione del 1744, perché troppo di-
stante dalla «libertà indifferente» dei dogmi romani. Tra il 1730 e il 1744
l’«arbitrio» si accorda sempre di più e meglio col «senso comune» delle nazio-
ni con fini e progetti tanto circoscritti quanto interni al progetto provviden-
ziale di produzione di «risultati
progressivi
, più generali e inattesi». A vincere
la sfida delle logiche seisettecentesche dell’utilitarismo sta il depotenziamento
di ogni virtù antica, miope degli scopi e della costanza di dinamiche di «conti-
nuo trascendimento» che rendono possibile l’individuazione di un «campo di
praticabilità della scienza» (pp. 43, 44). In essa la ‘logica’ provvidenziale non
esce dai confini dell’«aiuto ordinario» come documenta, negli esiti della
Scien-
za nuova
1744, la raggiunta consapevolezza dell
’equità,
«misura delle utilità».
Escluso il
teologico
come mondo a sé, la Provvidenza introduce al moderno
orizzonte della teologia civile, della ragione e della scienza. Tra eternità ed ef-
fettività, nel
tempo
della storia umana, si riconosce una ferma universalità
delle esperienze plurali, non priva di «risvolto ermeneutico». Perciò, «la storia
ideale eterna è in via preliminare il ‘disegno’, la rete interpretativa gettata dal
nuovo scienziato
sul mondo degli uomini. È il tratto che chiude l’ordito delle
simmetrie, delle costanze, delle ricorrenze intessute dall’
ingenium
del filosofo
nel suo incessante lavoro di reciproca traduzione del
principio
e del
dato
, di
complementare riconversione del
vero
e del
certo
, di vicendevole decifrazione
dell’universale e del particolare. Un lavoro la cui attendibilità si attesta non a
caso circolarmente, dal solo versante dell’uomo, della sua natura» (p. 46).
Tuttavia, la caduta dei caratteri teo-teleologici nel concetto di storia e di
Provvidenza non implica una generica semplificazione dei complessi registri
teorici che realizzano la
scienza nuova
. Impone, invece, di ricercare nel conti-
nuo processo di approfondimento della
filologia
vichiana le radici di una
filo-
sofia
che ammette anche l’ambiguità, ricercandola però dall’interno delle sue
posizioni. Con sintonie faticosissime e armonie mai garantite, l’
aiuto
ordina-
rio
, ricondotto alla civile «natura umana», è premessa di un’interpretazione
della religione considerata nei suoi contrassegni antropologici. Su questo esito
della riflessione vichiana l’interprete si sofferma con opportuna attenzione
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